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Radiologia, monitoraggio informatico della dose

La radiologia offre strumenti per individuare le patologie in modo precoce e valutarne l’evoluzione nel tempo. Accanto alle metodiche che non utilizzano radiazioni, come ecografia e risonanza magnetica, altri metodi come la tomografia computerizzata e la radiografia consentono di vedere all’interno del corpo del paziente grazie all’impiego di radiazioni ionizzanti.

Quando un soggetto si sottopone a una radiografia o a una TC, le stesse radiazioni che permettono di fare la diagnosi possono potenzialmente interferire con altre strutture del corpo e nel tempo, aggiunte a radiazioni di altri esami e a quelle assorbite in altri contesti, possono incidere sulla formazione di nuove patologie.

Per ridurre questo rischio, negli ultimi anni si è lavorato molto sulla riduzione della dose radiante per singolo esame: le più recenti strumentazioni sono capaci di ottenere il massimo risultato usando la minima dose possibile.

In Italia, tuttavia, e questo è un altro dato di fatto, esiste il problema dell’obsolescenza del parco macchine. Questo significa che non tutte le strutture hanno apparecchiature radiologiche allo stato dell’arte. C’è poi un’altra questione da sottolineare: anche in presenza di una macchina di ultima generazione, la formazione dell’operatore è fondamentale per poterne sfruttare le capacità, così come è imprescindibile monitorarne la dose radiante.

Davide Caramella

Davide Caramella, direttore della Radiodiagnostica Universitaria di Pisa, conferma: «tenere sotto controllo le performance dosimetriche delle varie apparecchiature nelle diverse tipologie di esami diagnostici è di fondamentale importanza per rispondere ai nuovi requisiti normativi e per mantenere elevata la qualità complessiva delle prestazioni radiologiche».
Quando parla di nuovi requisiti normativi, il professor Caramella si riferisce alla direttiva EURATOM 2013/59, aggiornamento della precedente EURATOM 97/43 recepita in Italia con la legge 187/2000 pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

«Questa direttiva chiede espressamente a chi eroga esami radiologici di dotarsi di un sistema di monitoraggio continuo della dose radiante. Ma c’è un ma. La nuova direttiva doveva essere recepita dall’Italia entro il febbraio 2018, ma l’iter legislativo si è arrestato. Allo stato attuale, quindi, la normativa nazionale non prevede l’obbligo del controllo e registrazione della dose radiante per gli esami radiologici», specifica il professor Luca Maria Sconfienza, responsabile della UO Radiologia Diagnostica per Immagini e Interventistica dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano. Allinearsi a questa richiesta porta, però, vantaggi alle strutture eroganti, anche se, come sottolinea il professor Caramella, «è ovvio che un controllo sistematico e generalizzato non può essere eseguito a mano: per questo sono necessari software dedicati per il monitoraggio informatico della dose». Occorre quindi dotarsi degli strumenti necessari.

Vantaggi del monitoraggio informatico della dose radiante

La dose radiante dovrebbe essere costantemente monitorata e registrata perché questa pratica porta notevoli vantaggi al paziente, e non solo. Il professor Caramella ricorda che «questo strumento permette di ottimizzare le procedure, il che si traduce nella possibilità di ottenere esami di qualità diagnostica utilizzando dosi contenute di radiazioni. Con l’uso dei software di monitoraggio è semplice fare confronti e misurarsi con benchmark e questo ha un effetto benefico sulla diffusione di buone pratiche di ottimizzazione».

Un punto senza dubbio importante, concorda anche il professor Sconfienza, che ricorda allo stesso tempo che «l’ottimizzazione dei protocolli diagnostici viene già fatta tramite il monitoraggio dei livelli diagnostici di riferimento da parte degli esperti qualificati. A mio avviso il vantaggio principale di questo monitoraggio è sicuramente per il paziente. Sappiamo che l’esposizione a radiazioni ionizzanti porta con sé un costo biologico, tanto maggiore quanto più alta è stata la dose somministrata al paziente. Sappiamo anche che il danno biologico può essere in certi casi cumulativo ed è proprio in tale contesto che il monitoraggio della dose può svolgere un ruolo fondamentale. Pensiamo ai pazienti con patologie che necessitano di frequenti controlli TC per alcune patologie, per esempio i pazienti oncologici che fanno tipicamente follow-up a 3 o 6 mesi per verificare l’efficacia della terapia o i pazienti operati per aneurismi aortici che fanno controlli ripetuti per verificare la tenuta delle protesi impiantate: è stato dimostrato che alcuni di questi pazienti hanno ricevuto dosi di radiazioni molto alte, paragonabili ai sopravvissuti delle bombe atomiche della seconda guerra mondiale. Per questo motivo, il monitoraggio della dose e soprattutto la creazione di una sorta di archivio personale della dose assorbita potrebbero aiutare a tenere sotto controllo l’esposizione e magari optare per metodiche alternative quando necessario e quando possibile».

Il mercato offre diversi software in grado di effettuare questa procedura, un fatto utile perché «la concorrenza – ricorda il professor Caramella – consente di migliorare continuamente i prodotti offerti». Vediamo quali caratteristiche dovrebbero avere e come muoversi se non si adeguano perfettamente a tutto il sistema informatico aziendale. L’integrazione del software è infatti importante.

«I software disponibili sul mercato sono molto variegati – interviene il professor Sconfienza – d’altra parte le diverse aziende sono molto brave a disegnare software con caratteristiche particolari, che li rendano più appetibili ai diversi acquirenti. È anzitutto bene ricordare che alcune macchine di generazione più recente, come per esempio le TC, già da tempo forniscono in qualche modo una stima della dose di radiazione fornita, il cosiddetto DLP (dose-length product), che spesso viene incluso tra le immagini fornite ai pazienti sui comuni cd. Ciò che in molti casi è mancato finora è stata la possibilità di archiviare digitalmente questo dato in maniera affidabile, comunicandolo chiaramente al paziente e riportandolo sul referto radiologico. In questo senso, vi sono alcuni software che consentono di esplicitare questo dato e di archiviarlo digitalmente insieme alle immagini sui comuni PACS disponibili negli ospedali. La nostra struttura ha iniziato il percorso di implementazione di uno di questi software, in collaborazione con un importante partner internazionale, e contiamo di iniziarne il test nei prossimi mesi».

Luca Maria Sconfienza, responsabile della UO Radiologia Diagnostica per Immagini e Interventistica dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano

Cosa si chiede al software

Quali sono le funzioni che un software per il monitoraggio della dose radiante deve assolutamente avere? Il professor Caramella e il professor Sconfienza sono d’accordo su questo punto: entrambi scelgono l’integrazione con i sistemi informatici aziendali.
«Il monitoraggio e la registrazione della dose sono innovazioni procedurali molto importante nella pratica radiologica, ma d’altra parte non devono rappresentare un’ulteriore fonte di aggravio del lavoro a carico dei tecnici sanitari di radiologia e dei medici radiologi. Ecco perché, date per scontate le caratteristiche di affidabilità tecnica, credo che un software per il monitoraggio e l’archiviazione della dose debba avere la principale caratteristica di integrarsi perfettamente e possibilmente automaticamente nel flusso di lavoro spesso molto serrato di un impianto radiologico. Per fare un esempio, nel reparto di Radiologia dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi lo scorso anno abbiamo eseguito poco più di 92.000 esami di radiologia tradizionale: escludendo le domeniche, fa una media di circa 300 esami al giorno. È chiaro che, se per ogni esame ci fosse la necessità di eseguire operazioni aggiuntive rispetto al normale flusso di lavoro, si rischierebbe un aggravio esagerato per tecnici e medici».
Purtroppo questa funzione non è scontata, sottolinea il professor Caramella: «tant’è vero che noi a Pisa ci siamo dovuti impegnare parecchio per rendere possibile l’integrazione».
Ecco dunque che occorre avere a disposizione un team di lavoro formato e capace che possa effettuare alcuni adattamenti.

In ogni caso, quella del monitoraggio è un’attività multidisciplinare. Vediamo più nel dettaglio.

Il professor Sconfienza chiarisce: «il controllo periodico del rispetto dei livelli diagnostici di riferimento è affidato all’esperto qualificato, un fisico sanitario che esegue questo compito per conto dell’esercente dell’impianto radiologico. Nella pratica quotidiana, invece, il controllo della dose è affidato per legge (187/2000) a due figure professionali ben specificate, quali i soggetti prescrittori ed esecutori dell’esame radiologico. Infatti, secondo la legge il soggetto prescrittore – in genere il medico di base o lo specialista clinico di riferimento – ha il compito di proporre un esame radiologico tenendo conto di caratteristiche cliniche, personali e sociali del paziente in esame. Tuttavia, la responsabilità maggiore viene demandata al soggetto esecutore dell’esame stesso e cioè il medico radiologo e il tecnico sanitario di radiologia. Essi, infatti, avendo competenze specifiche sia nel campo delle radiazioni ionizzanti sia nell’ambito delle tecniche radiologiche, sono i responsabili finali della gestione della dose degli esami radiologici. Tale gestione deve avvenire secondo i due principi fondamentali della radioprotezione:
la giustificazione, secondo cui ogni esame che utilizza radiazioni ionizzanti deve essere giustificato, il costo biologico deve essere inferiore al vantaggio diagnostico e si deve poter giungere al medesimo risultato diagnostico con metodiche che non utilizzano radiazioni;
l’ottimizzazione, che prevede che, una volta giustificato l’esame, esso debba essere eseguito con la minore dose possibile di radiazioni, compatibilmente con il risultato diagnostico che vogliamo ottenere, secondo l’acronimo inglese ALARA (as low as reasonably achievable)».

Si tratta, quindi, di un lavoro che richiede conoscenza ed esperienza. E, dovendo essere svolto per ogni paziente, anche tempo. Lo conferma il professor Caramella: «gestire il monitoraggio informatico della dose radiante e intraprendere eventuali azioni correttive aumenta il carico di lavoro del team, rendendo necessaria l’acquisizione di risorse appositamente formate da dedicare a questo scopo». E così, mentre la tecnologia cambia, le conoscenze aumentano e le leggi a protezione dei pazienti vengono implementate, nascono posti di lavoro e nuove figure sanitarie. Almeno sulla carta.

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