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Medicina predittiva e privacy, le riserve del Garante

Il Garante per la privacy  ha espresso un parere sul progetto del Ministero della salute che prevede la profilazione socio-sanitaria della intera popolazione italiana, e in particolare su usi come la medicina predittiva o di iniziativa.

Il progetto del Ministero della salute che prevede la ripartizione dei fondi economici per il Sistema sanitario nazionale  attraverso la profilazione socio-sanitaria dell’intera popolazione italiana manca al momento di una base giuridica adeguata e di sufficienti tutele per le persone.
L’aggiornamento dei parametri di ripartizione del Fondo sanitario nazionale potrebbe, in ogni caso, essere già realizzato attraverso le analisi effettuate nell’ambito del Programma Statistico Nazionale.

Il Ministero intende procedere alla distribuzione delle risorse economiche dello Stato tra le Regioni, passando da un modello basato sull’età della popolazione, ad uno fondato sull’effettiva necessità del territorio, la cui realizzazione presuppone la profilazione dello stato di salute dell’intera popolazione.
Per raggiungere tale obiettivo, il Dicastero ha così proposto di raccogliere e interconnettere molteplici banche dati, sia interne al Ministero che di altre amministrazioni, come l’Istat e l’Anagrafe tributaria, in modo da definire il “profilo sanitario individuale” di ogni singolo utente del sistema sanitario, da collegare poi a quello reddituale (“status sociale”).
Tale profilazione (“stratificazione”) dell’intera popolazione italiana, evidenzierebbe, secondo il Ministero, i reali bisogni economici sanitari delle regioni e costituirebbe, quindi, l’elemento centrale per una più equa distribuzione del fondo sanitario sul territorio.

Nel proprio parere, il Garante ha riconosciuto l’importanza di una migliore ripartizione del Fondo sanitario nazionale, basata su un’effettiva definizione dei diversi bisogni regionali, ma ha richiamato l’attenzione sulla necessità che i trattamenti di dati personali connessi a tale nuovo sistema di ripartizione siano effettuati nel pieno rispetto della disciplina sulla protezione dei dati personali.
Il progetto ministeriale prevede infatti la creazione di un profilo individuale di ogni assistito, basato sulle patologie croniche e sulla situazione reddituale individuale, che, attraverso l’uso di algoritmi, saranno utilizzati per suddividere tutta la popolazione in gruppi (stratificazione).

L’Autorità ha rilevato, infatti, che il nuovo modello di ripartizione potrà essere attivato solo superando alcune criticità.

Il Garante per la privacy ha posto l’accento sul rischio che questi dati siano utilizzati dal Ministero per finalità ulteriori, come la “medicina predittiva” o “di iniziativa”, un modello assistenziale orientato a proporre agli assistiti interventi diagnostici mirati, sulla base del profilo sanitario individuale. Anche questi ultimi trattamenti di dati richiederebbero, come i precedenti, un’apposita base giuridica e la necessità di effettuare ulteriori riflessioni anche sui risvolti etici relativi alla profilazione sanitaria e sociale di massa.
il Garante ha rimarcato che l’utilizzo dei dati dell’intera popolazione italiana dovrebbe essere suffragato, fin dalla progettazione, da una compiuta analisi circa i rischi per i diritti e le libertà fondamentali degli interessati, alla luce dei principi di responsabilizzazione e di protezione dei dati personali, nonché dalla relativa valutazione di impatto.

In un’ottica di piena collaborazione istituzionale, l’Autorità ha comunque segnalato, nel suo parere al Consiglio di Stato, che, in attesa di un intervento normativo specifico in materia, l’aggiornamento dei parametri di ripartizione del Fondo sanitario nazionale potrebbe essere già utilmente realizzato attraverso le analisi effettuate nell’ambito del Programma Statistico Nazionale.

L’equità della ripartizione delle risorse economiche sul territorio nazionale può essere quindi realizzata nel rispetto del diritto alla protezione dei dati personali, attraverso un intervento normativo puntuale, con riferimento al quale il Garante ha già da tempo manifestato la propria disponibilità per l’individuazione delle garanzie opportune.

Su un altro fronte, si è conclusa con una archiviazione l’istruttoria avviata dall’Ufficio del Garante per la privacy nei confronti di una Asl che lo scorso anno aveva introdotto un servizio on line per fornire informazioni ai familiari sui pazienti che accedono al pronto soccorso dell’ospedale.

La Asl potrà così riprendere l’attività che aveva sospeso dopo l’avvio dell’istruttoria.
Il servizio attivato dall’Azienda sanitaria prevede che il paziente, una volta espletate le attività di triage, possa autorizzare un familiare a ricevere un link sullo smartphone o sul tablet che lo indirizza ad una pagina web dove poter visualizzare le procedure di cura, i tempi di attesa, le dimissioni o il trasferimento nei reparti di degenza.

A chi accede al servizio non sono mostrate informazioni diagnostiche, né i dati anagrafici del paziente, ma solamente il codice di accettazione e l’elenco cronologico delle visite e degli esami. La pagina contiene informazioni standard ed è raggiungibile anche per le 48 ore successive alle dimissioni dal pronto soccorso.
Chi non usufruisce del servizio o ha bisogno di maggiori informazioni può sempre rivolgersi al personale direttamente a voce.

Nella prima fase dell’istruttoria, l’Ufficio del Garante aveva rilevato alcune criticità con riferimento alle valutazioni effettuate dalla Azienda sulla necessità e proporzionalità dei trattamenti rispetto alle finalità perseguite, sulla tipologia delle informazioni visualizzabili attraverso il servizio e sull’opportunità di attivare lo stesso per tutte le tipologie di pazienti (codice rosso, vittime di violenza). Altri elementi di criticità riguardavano l’informativa e il modello di raccolta dei dati e del consenso per l’adesione al servizio.

A seguito dei rilievi sollevati, l’Azienda sanitaria ha presentato una nuova valutazione d’impatto e i nuovi modelli di informativa e di consenso. Modelli che, descrivendo meglio le caratteristiche del servizio e puntualizzando le scelte in base ad una più compiuta analisi dei rischi, hanno superato le criticità evidenziate dall’Ufficio del Garante. Positivi i giudizi anche sulle modifiche introdotte nella valutazione di impatto. Particolarmente apprezzata la puntuale valutazione delle tipologie di accessi al pronto soccorso per le quali la Asl non intende proporre il servizio all’assistito (ad es., gravità delle condizioni cliniche o possibilità che queste siano derivate da episodi di violenza) e la scelta di non indicare nel dettaglio la tipologia di visita specialistica effettuata in pronto soccorso.

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