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Telemedicina e Covid-19, le prime risposte che hanno funzionato

Un anno fa il Covid-19 rese gli ospedali luoghi a rischio, dove recarsi solo in caso di reale urgenza: così, le strutture sospesero le prestazioni in elezione e ripensato in velocità come continuare a seguire i propri pazienti anche a distanza.

Il tutto in un Paese, l’Italia, in cui la telemedicina faceva fatica ad affermarsi in modo capillare. In questo senso, la valanga alla quale il sistema sanitario è stato esposto ha agito da catalizzatore e ha accelerato alcuni processi che erano in atto, mostrando potenzialità della cura a distanza che forse, una volta tornati a regime ordinario, potranno favorire una riorganizzazione del lavoro, integrandosi alle tradizionali visite.

La relazione medico-paziente passa infatti anche e soprattutto dall’insostituibile contatto fisico. Ripercorriamo alcune delle esperienze del primo periodo.

Città della Salute di Torino: neurologia a distanza

Quando, a marzo 2020, gli ambulatori della Neurologia I della Città della Salute di Torino sono stati chiusi, a meno di necessità urgenti, il direttore professor Adriano Chiò e il suo staff hanno allestito un servizio di Telemedicina che permettesse di effettuare tutte le visite già in programma. Il servizio è condotto, in particolare, dal Centro Regionale Esperto per la SLA, dal Centro per le Malattie Neuromuscolari e dal Centro per la Sclerosi multipla.

«I nostri pazienti sono fragili e sono a rischio, soprattutto dal punto di vista respiratorio. Come molte altre realtà», sottolinea Chiò, «non eravamo digiuni di esperienze di telemedicina. In particolare, nel 2016 avevamo sperimentato un servizio simile per i pazienti più gravi, con finanziamento regionale. Inoltre, abbiamo un rapporto molto stretto con i nostri pazienti, che arrivano anche da lontano, e quindi avevamo una mailing list da utilizzare per contattarli e proporre il servizio a distanza».

Esistevano già una linea telefonica e una mail dedicata, usate dai pazienti per chiedere chiarimenti. Quando possibile, le visite vengono condotte su Skype, che consente al medico di vedere il paziente.

«Ai pazienti con SLA stiamo sottoponendo alcune domande che abbiamo deciso insieme ai pazienti stessi per capire se la loro condizione fisica è stabile o meno. Inoltre, usiamo la scala ALS-FRS per l’uso telefonico. Quando rileviamo la necessità, ricoveriamo il paziente».

Accanto a questo servizio, sono stati attivati anche quello di supporto psicologico e quello di logopedia, sempre a distanza.

«Per quanto riguarda i pazienti affetti da malattie neuromuscolari», sottolinea la professoressa Tiziana Mongini, «quando strettamente necessario possiamo anche fare una valutazione neurologica attraverso un video per vedere se sono peggiorati o meno, questo sia con gli adulti sia con i bambini».

Simile il discorso della dottoressa Paola Cavalla, anche per i pazienti con sclerosi multipla: «le persone con SM usano farmaci immunomodulatori e immunosoppressori e sono quindi particolarmente a rischio. Noi valutiamo caso per caso in base alla situazione clinica e agli esami ematici e ci confrontiamo con la persona: alcuni cicli di terapia vengono rimandati, ma in generale è fondamentale proseguirli per evitare il rischio che la malattia peggiori. Dal momento che si parla di farmaci che devono essere ritirati presso il Centro o presso le farmacie delle Asl, abbiamo attivato un servizio di consegna domicilio con l’aiuto dei volontari della Croce Rossa o delle stesse aziende produttrici. Per fortuna AIFA ha prorogato i piani terapeutici già in essere di 2-3 mesi».

Anche in questo caso, l’esperienza allestita per sopperire alle esigenze di questa emergenza può lasciare dei frutti per il futuro, strutturando il tutto, magari attraverso una piattaforma aziendale codificata.

«Quello che si potrebbe fare in futuro», sottolinea Chiò, «è continuare a stare vicino ai pazienti che non riescono più a raggiungerci. Questi sono presi in carico dai loro territori e seguiti, ma spesso hanno creato con noi un rapporto di fiducia e hanno desiderio di continuare a sentirci».

Accanto a quanto descritto, anche la Cardiologia Universitaria della Città della Salute, diretta dal professor Gaetano Maria De Ferrari, ha istituto un mezzo di comunicazione mail sia con i pazienti sia con i medici del territorio, per mantenere la continuità assistenziale.

Vediamo ora l’esperienza di Multimedica nella gestione dei pazienti diabetici in terapia insulinica.

Telemonitoraggio dell’insulina a Multimedica

I pazienti diabetici sono una delle categorie a rischio per le complicanze date dal Covid-19, ragion per cui fino a che la situazione non è più sicura, è bene che mantengano un isolamento completo. Per evitare di ricorrere a visite ospedaliere, il Centro di riferimento per la prevenzione e la cura del diabete e delle malattie metaboliche dell’Irccs Multimedica di Milano ha attivato, fin da marzo, un servizio di monitoraggio e consulto a distanza per i pazienti in terapia insulinica.

«Si tratta di soggetti che devono controllare costantemente i livelli di glicemia per verificare che l’efficacia del trattamento in atto», sottolinea il dottor Cesare Berra, responsabile di Diabetologia Clinica presso Multimedica. «Questi pazienti da qualche anno possono utilizzare un particolare sistema che permette la misurazione della glicemia senza ricorrere alla goccia di sangue (da utilizzare comunque meno frequentemente come controllo) chiamato flash glucose monitoring (FMG), attualmente disponibile con il nome commerciale di Free Style Libre. Normalmente i dati raccolti dal sensore vengono scaricati dal medico durante la visita di controllo. In questo momento abbiamo deciso di affidarci alla piattaforma collegata al sistema Free Style Libre, uno strumento che permette la lettura della glicemia tramite smartphone iPhone o Android e un’apposita app, oppure mediante pc personale del soggetto affetto da diabete. I dati raccolti possono quindi essere visionati dall’equipe diabetologica da remoto. Nel nostro caso, sono infermieri opportunamente formati che fanno questa lettura, per avvisare il medico specialista solo qualora vengano rilevati dati fuori dalla norma. Inoltre, in un momento come questo, in cui l’ansia e i dubbi sono parte del quotidiano, l’equipe diabetologica si pone il compito di contattare direttamente i soggetti con diabete in trattamento insulinico e muniti del sensore Free Style per adeguare la terapia in atto in relazione al monitoraggio glicemico ricevuto».

Per avviare il servizio occorre chiedere il consenso ai pazienti. Anche questo servizio potrebbe rivelarsi utile in futuro. In effetti in Multimedica stanno avviando una sperimentazione per verificare se un monitoraggio in continuo a distanza possa favorire la gestione dei pazienti diabetici più “gravi” e magari ridurre l’incidenza delle patologie associate al diabete. Il problema, in questo caso, è che questo tipo di monitoraggio ha costi considerevoli che non sono ancora rimborsati dal SSN, il che ne riduce la diffusione sul territorio. Sempre presso Multimedica, nei mesi scorsi è stato attivato un servizio a distanza anche per le future mamme.

Corsi preparto a distanza

Per le donne i corsi preparto sono occasione per capire come gestire al meglio gli ultimi mesi della gravidanza, il momento del parto e anche il post, quando si trovano a gestire una nuova vita. Questi corsi sono inoltre spazi di relazione, dove le future mamme possono sottoporre paure e dubbi alle ostetriche e alle altre compagne di viaggio. Nella fase 1 dell’emergenza Covid-19 il Ministero della Salute ha sospeso tutti i percorsi di accompagnamento alla nascita. Ciò ha generato in molte gestanti ulteriore preoccupazione.

Per rispondere a tale situazione, Multimedica ha ideato per l’Ospedale San Giuseppe di Milano un percorso ad hoc. Cinzia Piola, capo ostetrica della struttura, spiega: «le nostre pazienti avevano espresso la loro preoccupazione: non avevano più il punto di riferimento del corso di accompagnamento alla nascita. Così come le aziende si sono attrezzate per permettere lo smart working, noi abbiamo pensato di fare qualcosa di simile per offrire alle gestanti la possibilità di restare in contatto tra loro e con l’ostetrica del proprio corso. È stato così creato un gruppo in teleconferenza per portare a termine un corso già iniziato, mentre quelli nuovi sono partiti direttamente online».

E se l’accesso alla struttura è indispensabile per un controllo di fine gravidanza o addirittura per il parto? In questo caso, il reparto si è attrezzato per garantire sicurezza a tutte le gestanti e le neomamme che si devono recare in ospedale. Riprende Piola: «dopo il controllo della temperatura corporea, eseguito di routine su tutte le persone in ingresso, è stato predisposto un percorso ad hoc comprensivo di ascensore dedicato, per accedere alla sala parto, al reparto di degenza e alla Neonatologia, con l’obiettivo di ridurre il più possibile i contatti con gli altri pazienti/utenti dell’ospedale. Anche le visite sono state limitate a un solo familiare (il marito), come misura di sicurezza per le donne e per lo staff dell’ospedale. Certo, non è stato semplice farlo accettare, perché la gioia della nascita di un figlio la si vorrebbe condividere con tutta la famiglia. L’aspetto positivo, che abbiamo cercato di far comprendere è che questi giorni in ospedale possono essere un momento speciale per mamma e papà, da trascorrere con il proprio bambino».

Anche Ostetricia ha quindi trovato modo di usare, dove possibile, le tecnologie informatiche per continuare a svolgere le proprie funzioni. Questi sono esempi di realtà che si sono attrezzate per continuare a seguire i propri pazienti riducendone l’accesso all’ospedale. Sperimentazioni, in un certo senso, che dimostrano le reali utilità della telemedicina.

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