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Cura per il Parkinson su misura alla Florida Atlantic University

Secondo un documento della Florida Atlantic University, sono 6 milioni al mondo le persone con problemi legati al Morbo di Parkinson.

Una cifra destinata a raddoppiare entro il 2040. Per la maggior parte di loro, fino all’80% nel giro di dieci anni dalla diagnosi e il 50% nei primi cinque anni, uno dei problemi maggiori è trovare la migliore combinazione nella somministrazione di farmaci e soprattutto valutarne il reale effetto.

Dosaggio e frequenza della cura vengono infatti modificate di frequente sulla base degli effettivi risultati, al fine di ridurre i classici sintomi legati a problemi sia motori sia cognitivi. Una decisione dove è ancora fondamentale il contributo del paziente, spesso però, per definizione della condizione, non perfettamente in grado di fornire indicazioni affidabili.

Dove il paziente di Parkinson non può aiutare

Alcuni ricercatori del College of Engineering and Computer Science della Florida Atlantic University hanno voluto esaminare più a fondo la situazione, per ricavare maggiore affidabilità sullo stato attivo o meno dei farmaci somministrati ai pazienti.

Per farlo, si sono affidati a una coppia di sensori inseriti in dispositivi indossabili indossati su polso e caviglia dei pazienti, abbinati a un algoritmo.

Secondo lo studio pubblicato su Medical Engineering and Physics, i sensori hanno prima di tutto raccolto i dati relativi alle diverse situazioni della giornata, monitorando i passi o la procedura per vestirsi durante le due fasi medicali, quella con trattamento di medicinali in corso e quella senza. Una sorta di diario più realistico sulle attività giornaliere dei pazienti.

Per gli autori dello studio, la soddisfazione è emersa sin dai primi risultati. Nel 90,4% dei rilevamenti, l’accuratezza nella corretta risposta ai medicinali somministrati è stata considerata affidabile. Come spiegano gli autori, una delle novità più importanti nell’approccio seguito è la personalizzazione per ogni paziente, al posto del tradizionale schema predefinito e uguale per tutti.

Inoltre, una volta istruito l’algoritmo con i dati rilevati direttamente dal paziente, è in grado di tenere sotto controllo le variazioni negli effetti delle medicine senza dover più dipendere, o almeno non più solo, dalle sue relazioni.

D’altra parte, anche il paziente stesso avrà ora la possibilità di sentirsi meno sotto pressione. La procedura gli mette infatti a disposizione una cura personalizzata, sulla base di dati raccolti a partire dalla prima visita. Il sistema rileva in automatico le reazioni alle cure, secondo criteri clinici e uniformi. Quindi, più facili da trattare e affidabili anche per i medici.

Benefici e risparmi

Sempre secondo i ricercatori della FAU, l’esigenza di strumenti del genere nel settore è molto elevata. Quando si parla di efficacia di un farmaco, è importante poter contare anche su informazioni oggettive oltre a quelle fornite direttamente dai pazienti, soprattutto in relazione alle problematiche cognitive.

Negli ambienti della Florida cresce quindi la convinzione di poter contribuire a migliorare la qualità della vita per milioni di persone affetta dal morbo di Parkinson, grazie a cure più efficaci. Con l’effetto collaterale non trascurabile di puntare anche a risparmi per il sistema sanitario, individuando meglio le cure.

Dallo studio ci si aspetta infatti di riuscire a sviluppare una serie di dispositivi a uso domestico, wearable ma anche in materia di domotica, grazie ai quali mantenere sotto osservazione un paziente senza interferire con le sue abitudini quotidiane. Un flusso di informazioni pronto da trasferire agli specialisti e utile per avviare un nuovo passo avanti nella telemedicina.

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