Chi è stato colpito da un tumore ha davanti a sé molte scelte che riguardano i possibili trattamenti e più in generale le proprie aspettative lungo il decorso della malattia e negli algoritmi può trovare delle risposte.
Queste scelte coinvolgono anche i medici e dovrebbero essere il più possibile informate, ma non sempre sono state calcolate – o sono facilmente disponibili – le correlazioni statistiche tra l’aspettativa di vita legata a una patologia e tutti i vari elementi che possono in qualche modo influenzarla.
O, nell’era del machine learning, appunto, gli algoritmi per prevederla.
Un progetto no-profit portato avanti dalla University of Nottingham e dall’inglese Egton Medical Information Systems ha cercato di fare maggiore chiarezza in questo senso, limitatamente al tumore del colon-retto. Il risultato più evidente del progetto è una pagina web che permette di avere una stima della probabilità di morire a causa del tumore nel periodo da uno a dieci anni dopo la diagnosi, insieme alla probabilità invece di sopravvivenza o di decesso per altre cause generiche.
Si tratta di indicazioni probabilistiche ma, secondo gli autori del progetto, rappresentano già un importante passo in avanti rispetto alle stime classiche, basate su medie generiche calcolate su campioni indifferenziati di popolazione e su pochi parametri clinici. In questo progetto gli algoritmi che stanno dietro i calcoli del tasso probabile di mortalità da tumore sono stati sviluppati a partire da una base dati che comprendeva le informazioni anonimizzate su oltre 44 mila pazienti colpiti da tumore del colon-retto.
Nello sviluppo degli algoritmi si è tenuto conto di una ampia serie di informazioni e fattori di rischio: dalla familiarità per questo tipo di tumore ai trattamenti prescritti (chemioterapia, intervento chirurgico), dalle abitudini di fumo alla zona geografica di provenienza, dall’uso di aspirina o statine sino al conteggio delle piastrine.
L’efficacia degli algoritmi è stata verificata confrontando le previsioni con i dati clinici di un numero più ampio di pazienti: circa 450 mila. I modelli predittivi sono stati giudicati efficaci, con una correttezza delle previsioni sempre nell’ordine dell’80 percento.
L’obiettivo ovviamente non era arrivare a previsioni certe – comunque impossibili – ma solo stime realistiche. Queste, secondo i ricercatori, rappresentano un potenziale aiuto importante per i pazienti che devono valutare rischi e benefici delle possibili terapie, attive o semplicemente di supporto. Proprio la mancanza di informazioni mirate sulle aspettative di vita, si sostiene, è il motivo per cui solo un terzo dei pazienti può avere un confronto produttivo con i medici in merito alle proprie scelte terapeutiche e personali.