Avere un rapporto costruttivo con il medico di base sta diventando difficile in qualsiasi nazione, dato che i medici sono sempre meno e hanno poco tempo da dedicare a ogni singolo loro paziente, non sarebbe meglio poter ricevere informazioni e consigli da un chatbot, che è sempre disponibile?
Secondo la startup americana Doc.ai questa è la strada migliore per garantire un primo livello di assistenza medica a milioni di pazienti, anche semplicemente per avere un parere sull’esito di analisi cliniche o su come migliorare il proprio stato di forma.
Per dare informazioni attendibili e utili non basta però avere un chatbot con dietro algoritmi di intelligenza artificiale generici, serve anche un sistema di machine learning che possa analizzare direttamente i dati clinici (e non solo) legati al singolo utente.
La peculiarità di Doc.ai sta proprio in questo, ossia nell’aver creato una piattaforma che mette insieme competenze centralizzate con applicazioni di machine learning decentralizzate, eseguite direttamente sui dispositivi – essenzialmente smartphone – dei pazienti, e che si comporta come uno strumento medico.
Proprio usando uno smartphone un paziente può “passare” agli algoritmi di machine learning alcune informazioni legate al suo stato di salute.
Lo fa ad esempio collegando l’app di Doc.ai al suo smartwatch per rilevare l’intensità di attività fisica, scattandosi un selfie per una analisi anatomica di base o accedendo – ove possibile – alle sue analisi cliniche in formato digitale.
Gli algoritmi di AI “imparano” le caratteristiche e lo stato di salute del paziente e come un medico dialogano con lui/lei attraverso un chatbot, in linguaggio naturale.
In questo modo l’utente può avere chiarimenti sulla sua condizione, chiedere approfondimenti o anche attivare servizi come la richiesta di esami più approfonditi, l’ordine di medicinali o la programmazione di una visita specialistica.
Doc.ai prevede di lanciare varie versioni mirate di questo concetto generale, in primis Robo-Hematology (già in fase di test) per le conversazioni legate alle analisi del sangue e Robo-Genomics in merito ai test genetici.
Doc.ai mette in gioco anche blockchain nella sua piattaforma, in due modi.
Dal punto di vista tecnico l’idea di fondo è che le informazioni fornite dagli utenti e necessarie al machine learning per sviluppare nuova conoscenza non debbano essere affidate a una entità centralizzata ma restare distribuite, possibilmente presso gli utenti stessi che le hanno generate. Vanno però “certificate” e una blockchain permette di salvare le nuove informazioni garantendone la non modificabilità.
Il secondo uso di blockchain non è medico, ma è un po’ più curioso e riguarda il finanziamento di Doc.ai, che ha deciso di emettere una nuova valuta digitale – il Neuron – basata sulla tecnologia di Ethereum. In pratica la società per finanziare il suo sviluppo ha avviato una ICO (Initial Coin Offering) per un totale di 860 milioni di Neuron. Un terzo circa di questi Neuron saranno a breve offerti agli investitori istituzionali attraverso una sorta di prevendita.