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PHR fra big data e intelligenza artificiale, il progetto del CNR

Si chiama Big Data Analytics for Personal Health Record (BDA4PHR) il progetto portato avanti da un gruppo di aziende supervisionate dall’Istituto di Calcolo e Reti ad alte prestazioni del CNR (CNR-ICAR), diretto dal dottor Giuseppe De Pietro.

Conclusosi qualche mese fa, il progetto è stato finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) e si poneva l’obiettivo di definire e realizzare una piattaforma innovativa e avanzata nei campi Salute e Benessere per la fornitura di servizi di Big Data Analytics associati a meccanismi di raccolta di dati sanitari su piattaforma cloud. Su questa piattaforma si possono convogliare le informazioni connesse alla salute e alle abitudini dei cittadini per poterle quindi analizzare sfruttando le tecnologie dell’Intelligenza Artificiale e Big Data.

Giuseppe De Pietro

Una piattaforma che potrebbe essere di grande utilità per la sanità italiana, come sottolineato da De Pietro: «I dati stanno rapidamente emergendo come la più grande risorsa del settore sanitario. Molte decisioni devono essere guidate/supportate dai dati: definizione di modelli, analisi dei costi, stratificazione della popolazione, prevenzione sono solo alcuni degli ambiti in cui l’uso di Big Data porterebbe benefici. Solo banche dati molto ricche consentono di prendere decisioni “intelligenti”, perché consentono di avere una visione più completa di tutti i parametri e di tutte le possibilità. Tuttavia, come non annegare in tutti questi dati che stiamo generando, sfruttando l’enorme potenziale di questa preziosa risorsa? La risposta sta solo in un uso accorto dell’Intelligenza Artificiale e dell’apprendimento automatico, secondo la tecnologia del Machine Learning». Entriamo nel dettaglio.

Dare vita al PHR

In qualche modo il progetto BDA4PHR si propone di implementare una componente fondamentale del Fascicolo Sanitario Elettronico: all’interno di questo utile strumento sanitario, infatti, è già prevista da normativa la possibilità di offrire una funzione “Taccuino”, o “Personal Health Record”, in cui il cittadino può registrare informazioni circa le proprie abitudini alimentari, per esempio, l’attività sportiva che svolge, ma non solo. Questa area è stata concepita per poter caricare anche dati ottenuti da smartwatch e applicazioni di vario genere.

Il mercato è già invaso da app che consentono di misurare la frequenza cardiaca, il numero di passi fatti in un giorno, la pressione sanguigna e tanto altro ancora.

«Negli USA stanno addirittura uscendo app che fanno un elettrocardiogramma: certo, non preciso come quello effettuato in uno studio medico, ma comunque indicativo dello stato di salute del paziente. Al momento tutti questi dati vanno persi, sia perché molti sistemi di FSE non hanno ancora implementato questa funzione sia perché quasi nessuno di coloro che ha già attivato il FSE la utilizza, laddove disponibile».

Un vero peccato, perché dall’incrocio dei dati clinici riferiti al soggetto, da referti di esami di laboratorio o imaging, ricoveri, patologie croniche e così via, con i dati più connessi alla vita quotidiana del paziente permetterebbe di arricchire le informazioni sanitarie di una serie di dettagli: «siamo certi che in questo modo si potrebbero effettuare analisi epidemiologiche migliori, così come prendere decisioni più precise rispetto a come orientare la sanità di oggi».

Certo, l’uso dei dati raccolti nella PHR è più complesso, perché questi dati sono eterogenei e per poterli confrontare occorre prima effettuare delle standardizzazioni.

«Una parte del lavoro svolto dal team del progetto è andato proprio nella direzione di stabilire degli standard per rappresentare in maniera omogenea i dati provenienti da fonti eterogenee. Inoltre, e questo non va dimenticato, tali informazioni contengono comunque dati sensibili e occorre quindi assicurare la privacy ai cittadini che li caricano sulla piattaforma: ecco perché abbiamo già lavorato per rispettare il Gdpr», assicura De Pietro.

Sulla piattaforma potranno essere caricati dati generati da:

sensori biomedicali integrati in dispositivi mobili, quali smartphone, smartwatch, smartband collegati con contapassi, calorie, ECG ecc.;

dispositivi biomedicali e diagnostici dedicati, come misuratori di pressione, cardiofrequenzimetri, TC, RM ecc.;

portale web e/o app, atti all’inserimento da parte degli assistiti di note testuali nel loro taccuino personale;

documenti inerenti la refertazione e la diagnosi, caricati però da Centri Diagnostici Convenzionati.

«Accanto alla piattaforma, sono poi stati sviluppati sistemi di IA e Machine Learning appositi in grado di fare statistiche, analisi e predizioni a partire dall’elaborazione di questi dati», aggiunge De Pietro. Le funzioni disponibili sono molte. Tra queste, per esempio, c’è la possibilità di estrarre dal database tutti i documenti relativi a pazienti con problemi di tipi epatico partendo da concetti e parole chiave che vanno a indicizzare il documento. Ovviamente questa potenzialità può essere sfruttata per varie tipologie di malattie e non solo. «In questo caso le tecniche utilizzate sono basate su approcci di NLP per l’elaborazione del linguaggio naturale», sottolinea De Pietro.

A chi potrebbe essere utile questa piattaforma?

I vantaggi per cittadini e istituzioni

Al momento la piattaforma che abbiamo descritto non è ancora disponibile: il progetto ne ha infatti sviluppato un prototipo e ora occorre mettere in atto le fasi di industrializzazione. Data la sua importanza, dal punto di vista di sanità pubblica, l’idea del partenariato che sta alla base del progetto stesso è mettere a disposizione della P.A. il database e le sue funzionalità base in modalità open source, per poi far pagare i servizi di personalizzazione, che verrebbero effettuati dall’azienda più competente all’interno del team di lavoro. Dettagli commerciali a parte, quello che ci interessa è capire chi potrebbe beneficiare di questi servizi.

«Senza dubbio il singolo cittadino potrebbe tenere sotto controllo la propria salute tramite il monitoraggio della propria attività fisica, dei parametri vitali e delle terapie in atto, e verificare il proprio rischio di sviluppare determinate patologie. Allo stesso tempo, potrebbe avere uno strumento per arricchire di dettagli le visite dal proprio medico di base: quante volte accade che, davanti alle domande del medico di famiglia, non ci si ricordi cosa si è fatto, quanto si è mangiato e così via? Questo potrebbe essere uno strumento obiettivo», spiega De Pietro.

Senza contare che il cittadino godrebbe anche dei risultati di analisi effettuate da soggetti del mondo sanitario per stratificare meglio la popolazione e individuare di gruppi di persone che mostrano tratti sintomatologici simili per associarvi anche le vie di trattamento più adeguate. Inoltre, si potrebbe pensare di creare delle community per mettere in contatto persone con disturbi simili così da incentivare la condivisione di esperienze terapeutiche e consultazioni mediche: ciò si tradurrebbe in un supporto psicologico, perché il soggetto avrebbe persone con cui condividere il proprio stato ed eventualmente potrebbe entrare in contatto con associazioni di pazienti e similari.

«I prototipi messi a punto dal progetto sono molti e tanto è stato fatto per rispettare le normative nazionali e internazionali, anche dal punto di vista della comunicazione. Offrire al cittadino un modo per confrontarsi con il proprio stile di vita, in modo obiettivo e basato su dati oggettivi, potrebbe inoltre favorire un invecchiamento sano della popolazione, che è poi uno degli obiettivi della Commissione Europea e della Sanità mondiale in generale», sottolinea De Pietro. Va da sé che non è possibile arrestare l’invecchiamento della popolazione: ma se si vuole evitare un collasso dei sistemi sanitari, per lo più per i costi sempre più elevati della presa in carico dei pazienti cronici, occorre che le persone invecchino senza troppe malattie e comorbidità: ciò richiede una presa di coscienza da parte della popolazione stessa, ovviamente.

I vantaggi per gli enti e la sanità

I cittadini non sono i soli beneficiari del progetto. Anche Enti e Istituzioni Sanitarie, così come il mondo della ricerca, potrebbero giovarne.

«Innanzitutto, la piattaforma potrebbe essere utile per implementare il Taccuino personale dell’assistito del FSE», interviene ancora De Pietro. «I risultati del progetto potrebbero però essere utilizzati per creare un bollettino statistico geo-localizzato dal quale definire, in un secondo momento, gli indicatori utili per la profilazione della popolazione. Infine, si potrebbe avere un sistema per il monitoraggio di possibili criticità mediche in tempo reale e avere informazioni funzionali alla distribuzione delle risorse sul territorio in base sia alla sintomatologia maggiormente diffusa che alla richiesta di visite specialistiche».

Ecco quindi che tanto i decisori sanitari, quanto chi si occupa direttamente di ricerca e salute, potrebbero sfruttare le potenzialità della piattaforma per identificare, per esempio, i migliori modelli organizzativi e gestionali, oppure per verificare se un dato modello abbia portato davvero i vantaggi sperati ed eventualmente come implementarlo… I clinici, invece, potrebbero utilizzare le risorse per ottenere soluzioni terapeutiche “personalizzate” per un dato tipo di paziente, come oramai si è capito essere necessario per ottenere risultati interessanti, in termini di outcome.

 

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