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Un tablet per la diagnosi delle ferite

Una startup fondata da tre giovani ricercatori del Politecnico di Torino ha sviluppato un tablet che, sfruttando l’intelligenza artificiale, classifica le ulcere cutanee. Con numerosi vantaggi per operatori sanitari e pazienti e con un risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale.

Il futuro è già qui. E lo si avverte a fior di pelle. Wound viewer è un dispositivo medico innovativo in grado di diagnosticare, in pochissimo tempo e grazie a sofisticate tecnologie informatiche, le ferite della cute. Il sistema, ideato e sviluppato da Omnidermal Biomedics, impresa fondata da ricercatori del Politecnico di Torino e incubata in I3P (Incubatore di imprese innovative del Politecnico di Torino), è progettato per acquisire e processare, tramite un algoritmo di intelligenza artificiale, le immagini delle ulcere cutanee, garantendo una valutazione quantitativa della patologia per generare una diagnosi e garantire un follow-up della lesione, supportando così angiologi, chirurghi vascolari e chirurghi generali nella scelta della terapia più appropriata.

Dai banchi dell’università alla startup

Questa storia comincia nel 2015 sui banchi del Politecnico del capoluogo piemontese, dove a Jacopo Secco, Marco Farina, Alberto Uberti, tre studenti a un passo dalla laurea, viene la voglia di provare a mettere in pratica quanto appreso dopo anni di studi.

L’occasione giusta arriva una sera a cena, quando uno di loro incontra Elia Ricci, esperto vulnologo, oltre che direttore dell’Unità Operativa di Vulnologia della Clinica San Luca di Torino e presidente dell’Associazione Italiana Ulcere Cutanee (Aiuc). Chiacchierando con il medico emergono alcuni degli unmet medical needs in quest’ambito. I tre, che oggi hanno un’età media di trent’anni, mettono insieme le loro competenze e si mettono all’opera.

Inizia così quella che loro stessi definiscono un’avventura e che porta, nel dicembre del medesimo anno, al deposito del primo brevetto (attualmente sono tre) per il dispositivo.

Da qui è un’escalation: prima un progetto di ricerca, poi uno spin off, infine una startup vera e propria, costituita anche grazie ai finanziamenti ricevuti da investitori pubblici e privati.

Jacopo Secco

Un device di classe 1

L’aspetto imprenditoriale va di pari passo con quello tecnico. Il device, che rientra nella classe di rischio 1 secondo le disposizioni contenute nell’allegato IX del decreto legislativo 46 del 24 febbraio 1997, è composto da tre parti:

dispositivo (hardware),

algoritmo di riconoscimento (software),

database in grado di raccogliere, immagazzinare e classificare i dati clinici che riguardano il percorso terapeutico del paziente.

In sostanza, si tratta di una sorta di tablet con cui l’operatore può scattare una foto della ferita. A partire dall’immagine, il sistema estrae automaticamente, in circa un paio di minuti, i parametri fisici utili a classificare la tipologia di lesione e ad analizzarne perimetro, area, volume, profondità, tipologia di tessuto (necrotico o granulare), essudato e grado di infezione. Questi dati, una volta elaborati, vengono inseriti in apposite cartelle cliniche digitalizzate salvate in un sistema cloud, utilizzabile anche da remoto.

«Si tratta di una soluzione clic-and-go, che supporta gli specialisti nel monitoraggio a 360 gradi delle ulcere, dalla loro insorgenza fino alla guarigione», spiega l’ingegnere biomedico Jacopo Secco, co-founder di Omnidermal Biomedics. «Il lavoro più complesso è stato quello sugli algoritmi, possibile perché alle nostre spalle abbiamo avuto l’expertise del Politecnico e del suo network di ricerca, che vanta numerose collaborazioni a livello nazionale ed europeo. Da loro abbiamo ricevuto tutto il supporto necessario».

Gli sviluppatori non hanno trascurato la sicurezza. «La protezione dei dati personali è garantita, perché questi ultimi vengono trasferiti secondo il protocollo Ssl/Tls (Secure sockets layer/Transport layer security)», continua Secco.

Le sperimentazioni cliniche con il tablet

La prima sperimentazione è avvenuta all’Asl TO3 (Azienda Sanitaria Locale di Collegno e Pinerolo), grazie a un protocollo di intesa siglato il 7 febbraio 2016 tra quest’ultima struttura e il Politecnico di Torino. I risultati preliminari sono stati presentati il 26 marzo 2018 al convegno intitolato Vulnologia tra organizzazione a rete, innovazione e problematiche cliniche, organizzato dall’Asl di Alessandria. Nel corso dell’evento è emerso che i clinici hanno rilevato significative differenze tra le misurazioni realizzate con il prototipo di Wound Viewer e quelle eseguite manualmente, dato che l’utilizzo della tecnologia consente di evidenziare variazioni minime, ma sostanziali.

«Questi innovativi strumenti consentono agli specialisti di offrire un’assistenza migliore ai nostri pazienti, nell’ambito di un modello di cura che prevede una forte integrazione tra ospedale e territorio», afferma Flavio Boraso, direttore generale dell’Asl TO3.

Gli fa eco Emilio Paolucci, professore ordinario del Dipartimento di Ingegneria Gestionale e della Produzione (Digep) del Politecnico di Torino, che commenta: «le applicazioni derivanti dalla ricerca in ambito bioingegneristico rispondono a bisogni fondamentali, come la progettazione di supporti funzionali, la realizzazione di cure più efficaci, la creazione di nuovi servizi capaci di coniugare efficienza e maggiore qualità. Valorizzare questi risultati, attraverso la collaborazione tra i tecnici e i medici, permette di mettere a sistema le competenze su tali tematiche, in un contesto sempre più multidisciplinare e di supporto alla crescita del territorio, riuscendo anche a supportare la nascita di nuove imprese».

è ora prevista un’estensione della sperimentazione, che inizierà nei prossimi mesi, sulla base di un protocollo d’intesa che annovera tra i firmatari Omnidermal Biomedics, Asl TO3, Asl di Asti, Politecnico di Torino, Dedalus Piemonte.

«Il lavoro preliminare di preparazione è stato lungo e complesso, perché ha richiesto l’integrazione di vari sistemi informativi», afferma il prof. Paolucci, «ma siamo convinti che il successo dell’iniziativa ci ripagherà di tutti gli sforzi compiuti».

Tra il 2017 e il 2018, dopo la preliminare approvazione da parte del comitato etico dell’Azienda Ospedaliera Universitaria San Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino), è stato realizzato alla Clinica San Luca un altro trial, i cui risultati verranno a breve pubblicati.

L’affidabilità si attesta al 94%

L’adozione del device, che ha dimostrato un’affidabilità del 94%, costituisce un vantaggio da vari punti di vista. Anzitutto per gli operatori sanitari, dato che consente di migliorare la produttività, ottimizzando le tempistiche di ciascuna visita (in particolare, il tempo di misurazione della ferita si riduce di oltre 10 minuti) e fornendo un accesso veloce alle linee guida sul wound care. Poi per il paziente, poiché diminuisce di circa il 60% il rischio di complicazioni anche gravi – come estensione dell’area necrotica, amputazione degli arti, tumori della pelle – riducendo i tempi di guarigione e, di conseguenza, i giorni di ricovero e di ospedalizzazione.

Infine, per il Servizio Sanitario Nazionale, con un abbattimento dei costi di oltre il 25%, che consente un rilevante risparmio per le casse pubbliche. L’arrivo sul mercato della tecnologia, che è ora in fase di ingegnerizzazione e che è adatta per i dispositivi basati su una versione 4.0 di Android (o successive) e su iOS, è previsto per settembre. Inoltre, dal 2 al 5 ottobre il sistema verrà presentato al 15° congresso nazionale dell’Associazione Italiana Ulcere Cutanee (Aiuc), a Napoli.

Guardando al futuro, il prossimo passo per la start up sarà la costruzione di uno standard of care delle lesioni cutanee, che a oggi è assente. Ma non solo.

«Vorremmo anche estendere l’impiego della nostra tecnologia, sia del dispositivo che degli algoritmi, anche ad altri ambiti, come ad esempio la dermatologia», annuncia Secco.

Il premio Leonardo Start Up

Nel frattempo, ciliegina sulla torta, lo scorso 20 marzo l’impresa è stata riconosciuta meritevole del Premio Leonardo Start Up, assegnato dal Comitato Leonardo, in collaborazione con il ministero dello Sviluppo economico e con l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice), in occasione della consegna dei Premi Leonardo 2018. Tra le motivazioni del riconoscimento, il fatto che l’azienda costituisce una «realtà ad alto tasso di innovazione» e un’«eccellenza del made in Italy». E chissà che, proprio nell’anno in cui si celebrano i 500 anni della morte del genio fiorentino, questo prestigioso premio non porti davvero fortuna.

Cosa sono le ulcere cutanee

Le ulcere cutanee, ovvero lesioni che non raggiungono lo stato di riparazione tissutale entro 8-10 settimane dalla loro insorgenza, possono essere di tipo venoso, arterioso, diabetico, da decubito, neoplastico. Si tratta di un fenomeno di rilevante entità, sia per il numero di pazienti coinvolti, sia per le risorse economiche necessarie.

Le lesioni croniche colpiscono oltre due milioni di pazienti all’anno in Europa. Un numero destinato ad aumentare in conseguenza del progressivo invecchiamento della popolazione e dell’incremento di patologie croniche predisponenti, come il diabete. La patologia è, infatti, più frequente tra gli anziani, variando tra lo 0,3% a 60 anni e l’1% a 65, fino a raggiungere il 5% a 90 anni. Per quanto riguarda il genere, l’incidenza è il triplo nelle donne rispetto agli uomini. Le ulcere più frequenti sono quelle venose, con una prevalenza compresa tra il 70 e l’80%, seguite da quelle arteriose (15-20%). Tra i diabetici, l’incidenza di ulcere del piede varia dal 2,5 al 10,7%, mentre si ritiene che il 15% circa dei pazienti con diabete ospedalizzati presenti ulcere distali. Le lesioni da decubito, nei pazienti ricoverati in ospedale, si attestano sul 4-9% in tutte le fasce d’età, con un aumento del 10-25% negli anziani. Tra i soggetti maggiormente a rischio per quest’ultimo tipo di ulcera vi sono i diabetici, gli ipertesi e chi soffre di incontinenza. Un elemento tipico delle ferite croniche è, inoltre, la loro tendenza alla recidiva, che riguarda il 67% delle lesioni. Nel dettaglio, il 20% delle ulcere è ancora aperto dopo due anni, l’8% dopo cinque anni. Peraltro, in meno dell’8% dei casi la durata della patologia è risultata inferiore a un anno, mentre nel 47% dei casi le ulcere si sono presentate per un periodo variabile da uno a dieci anni e nel 45% dei casi per più di dieci anni. Nel 45% dei casi, le ulcere provocano, inoltre, immobilità o marcata riduzione dell’autonomia individuale.

A fronte di tali valori, l’impatto socio-economico di questo tipo di lesioni è notevole. Secondo recenti stime, in Europa il costo annuo delle lesioni cutanee si aggira in media intorno al 2-3% del budget sanitario. In particolare, è stato calcolato che la spesa per l’assistenza domiciliare di un paziente con ulcera dell’arto inferiore non complicata si aggira intorno ai 1.700 euro all’anno.

Per fare in modo che la prevalenza e i costi delle ulcere cutanee non aumentino a dismisura, è fondamentale che il medico, in seguito a una diagnosi tempestiva e corretta, imposti una terapia appropriata. Ecco una sintesi delle principali fasi e delle possibilità terapeutiche in ambito vulnologico.

  1. Detersione

È il processo di rimozione di tessuto non vitale dalle lesioni cutanee allo scopo di ridurre la carica batterica e, di conseguenza, i tempi di guarigione. Può essere eseguita con bisturi, forbici, pinze, cucchiaio di Volkmann, curette, ma anche con strumenti più moderni, come il lavaggio pulsato, gli ultrasuoni, l’idrobisturi.

  1. Medicazione

Le medicazioni possono essere classificate in:

– tradizionali: sono costituite da una garza idrofila di cotone, tessuta a rete, poi impregnata con vari prodotti (per esempio, acido ialuronico, antisettici). Si tratta di una medicazione di base, che ha lo scopo di coprire la ferita;

– interattive: sono formate da materiali di copertura con caratteristiche di biocompatibilità, che realizzano un ambiente umido nell’interfaccia tra lesione e medicazione. Fanno parte di questa categoria, collagenasi, idrogeli, idrocolloidi, film semipermeabili, schiume di poliuretano, alginati, idrofibra, carboni, poliacrilati, medicazioni con antisettici;

– bioattive: sono in grado di interagire con i processi riparativi della ferita e di stimolarne la guarigione. Fanno parte di questa categoria le associazioni di collagene e cellulosa ossidata rigenerata, le medicazioni a base di acido ialuronico, le medicazioni a base di acido ialuronico e aminoacidi.

  1. Bendaggio

La terapia compressiva può essere effettuata con materiali elastici oppure anelastici. I primi sono indicati nel caso di insufficienza venosa semplice, in cui non sono richieste elevate pressioni di lavoro, e nei casi di risoluzione delle complicanze, per prevenirne la recidiva. I secondi sono indicati, invece, in tutti i casi di insufficienza venosa complicata.

  1. Terapia farmacologica

Le principali categorie di farmaci impiegate nel trattamento delle ulcere sono:

– antisettici, come clorexidina, basi ammonio quaternario, metalli pesanti, composti iodati, composti clorati, ossidanti;

– antibiotici, come rifamicina, gentamicina, neomicina, bacitracina, cloranfenicolo, sulfadiazina;

– farmaci vasoattivi, come bioflavonoidi, pentossifillina, mesoglicano, L-propionil carnitina, prostanoidi, cilostazolo, eparina a basso peso molecolare.

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