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Microcapsule per i vaccini grazie alla stampa 3D

I ricercatori del MIT hanno sviluppato un nuovo approccio, basato sulla stampa 3D, per realizzare microparticelle che possono rilasciare nel corpo umano sostanze chimiche a intervalli di tempo prestabiliti.

Questo permetterebbe ad esempio di iniettare con una sola iniezione più dosi di vaccini che sarebbero poi rilasciate a intervalli regolari. Ciò eviterebbe al paziente il problema di recarsi più volte dal medico, cosa che sarebbe un grande aiuto nelle nazioni dove il contatto con i medici è raro o difficile.

In passato la stampa 3D è già stata usata per realizzare particelle che rilasciano sostanze chimiche nel tempo. Il processo è relativamente semplice: si crea una microparticella con materiali biocompatibili e la si “impregna” della sostanza voluta.

Iniettata nel corpo umano, la particella man mano si degrada e la rilascia. Il problema affrontato dal MI è più complesso: creare qualcosa che rilasci sostanze chimiche non continuativamente nel tempo ma con “picchi” a intervalli definiti.

La soluzione è stata realizzare contenitori microscopici usando un polimero biocompatibile – il PLGA – la cui composizione può essere variata in modo da definire precisamente il momento in cui si dissolverà nel corpo umano.

Il PLGA però non può essere lavorato in stampa 3D per sinterizzazione a dimensioni microscopiche e comunque sarebbe necessario aggiungervi sostanze che non sono biocompatibili. Per questo è stato necessario definire un passaggio in più nella lavorazione.

Il MIT ha realizzato per fotolitografia una matrice di migliaia di “coppette” in silicone di dimensioni microscopiche, che sono state usate per dare la forma ai contenitori di PLGA. Questi sono stati poi riempiti della sostanza chimica desiderata e chiusi con un “tappo” sempre in PLGA, saldato termicamente al resto del contenitore.

Le microcapsule sono state testate in vivo e hanno dimostrato di poter restare sigillate sino alla loro “scadenza”: con una singola iniezione è stato possibile programmare il rilascio di una sostanza chimica a distanza di 9, 20 e 41 giorni.

Il progetto viene ora portato avanti per arrivare a rilasci anche dopo diversi mesi dall’iniezione, un compito non semplice perché la degradazione del PLGA si può controllare ma non è detto che la sostanza da rilasciare resti stabile se mantenuta tanto tempo alle temperature del corpo umano.

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