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Celli, Philips: dialogo con centrali di acquisto e cittadino per innovare la sanità

Andrea Celli è Sales & Operations Leader di Philips IIG con la responsabilità di guidare lo sviluppo del business Health Systems dell’azienda e da maggio 2018 ricopre la carica di Presidente dell’Associazione Elettromedicali di Confindustria Dispositivi Medici (ex Assobiomedica), una delle cinque in seno a Confindustria Dispositivi Medici, che ha recentemente eletto presidente Massimiliano Boggetti.

Lo abbiamo sentito proprio alla vigilia di tale elezione, nella doppia veste, istituzionale e aziendale.

La governance della federazione è fatta da un consiglio ed è per quattro anno condivisa da tutte le associazioni. «Un periodo lungo, necessario a implementare i programmi, che hanno una forte attinenza con gli obiettivi che in campi sanitario ha Philips» ci ha detto Celli.

Uno di questi è accelerare il posizionamento di un comparto, come quello dei dispositivi, verso le istituzioni, «per instaurare un dialogo trasparente e accreditare la federazione come soggetto riconosciuto per le politiche sanitarie nazionali».

«Desideriamo che il sistema paese abbia un quadro di riferimento chiaro, superare le chiusure verso il mondo industriale, evitare le decisioni unilaterali», dice ancora Celli.

Esempio di queste decisioni che non fanno bene al compato, ma soprattutto ai cittadini, è il payback sulle apparecchiature elettromedicali. Il precedente governo aveva messo i tetti di spesa regionali sui dispositivi, alle aziende sulla quota parte del fatturato toccava pagare alle regioni l’overstanding, alla stregua di quanto avviene nel farmaceutico ospedaliero. Una legge senza decreti attuativi. Se vogliamo anche un provvedimento incostituzionale, «perché retroattivo e non monitorato da un ente superiore, che non esiste», dice Celli.

Innovazione frenata dal procurement

Anche l’apertura dei canali dell’innovazione sono un tema per migliorare processi e output del sistema sanitario nazionale.
«Se un’azienda ha una vera innovazione oggi con gli attuali sistemi di procurement ha difficoltà a promuoverla. Serve trovare un’alternativa», detto con accezione positiva.

Aprire la strada dei processi di acquisto del settore pubblico alle soluzioni innovative dovrebbe essere un compito della cabina di regia sull’HTA, health technology assessment. Ma begli ultimi anni, rimarca Celli, ha fatto solamente quattro studi. «Praticamente niente».

Nel settore pubblico, lo ricordiamo,. l’acquisto della tecnologia è centralizzata a livello nazionale su Consip, che fa da ufficio acquisti per la PA, e sulle centrali di acquisto regionali, che con un capitolato garantiscono alla PA un prezzo più basso.

«Non si fanno le gare sull’innovazione»

«Il modello funziona bene per le commodity, non per i prodotti innovativi. Non si può fare la gara con l’innovazione», sintetizza efficacemente Celli.

Philips è una società che globalmente investe il 10% in ricerca e sviluppo. Per calcolare il montante, basti dire che il business globale di Philips ha fatturato 18,1 miliardi di euro nel 2018. E lo fa a prescindere, senza attendersi premi da parte del sistema sanitario, anzi scontrandosi con un “eccesso di innovazione”.

«Per esempio – ci ha detto Celli – noi abbiamo creato Ingenia Ambition una macchina innovativa per la risonanza magnetica. Di solito per far funzionare i sistemi si usano 1500 litri di elio, una materia scarsa, il cui prezzo è in aumento. Con la nostra ricerca abbiamo abbassato la richiesta a 7 i litri di elio. Di solito le macchine, proprio per il peso che hanno, stanno ai piani bassi delle strutture sanitarie. Con il nostro sistema possiamo metterle anche ai piani alti. Ma al sistema pubblico non possiamo proporlo perché non può andare in gara, dato che potrebbe partecipare solamente Philips. Al privato possiamo, al pubblico no: questo diventa un danno per il cittadino».

Ecco perché Celli indica che serve avere «un approccio dialogante con le centrali di acquisto e con la cittadinanza».

Si, perché la partita è doppia: da una parte lo Stato, dall’altra il cittadino, in una circolarità di rapporti che va coltivata in modo continuo. E che ne ce sia bisogno lo descrive anche il modello Future Health Index, sulla percezione della sanità digitale, che misura facilità di accesso, soddisfazione ed efficienza. SU 16 paesi l’Italia è uscita con punteggio 42, fanalino di coda europeo. In altri paesi la media è il 48, in Germania il 51.

Connected healthcare: fare lobby sul cittadino

Per Celli serve fare una lobby positiva sul cittadino, misurandone la reale percezione della connected healthcare, ossia sulle differenti modalità di accesso, di condivisione di informazioni fra i soggetti del sistema: medici, infermieri, specialisti, assicurazioni, amministrazioni, cittadini.

Questo tenendo conto che in Italia nel 2025 è previsto che il 23% della popolazione sarà composto da puù che 65enni (oltre la soglia definita di anzianità e che il 40% della popolazione ha malattie croniche, ossia popola la principale lista della spesa sanitaria nazionale.

«Come Philips – afferma Celli – pensiamo che oltre alle innovazioni di prodotto, la combinazione di invecchiamento e cronicità vada ingigantendosi e influisca sul costo del paziente per il sistema sanitario nazionale. Non sarà più sostenibile con i 150 miliardi all’anno di cui 110 di spesa pubblica, e di cui solamente l’1% in digitale, contro il 2% in Europa, e 40 di spesa privata».

Appare evidente che la Connected healthcare, implementabile in ospedale e casa, con digitalizzazione e connessione, aiuterebbe a controllare la spesa.

Core business salute

Philips Health Systems fornisce dispositivi medici, elettromedicali e servizi e fa il 70% del fatturato Philips.
«Per noi la salute del cittadino non inizia quando entra in una struttura ospedaliera – spiega Celli – ma inizia da casa. Noi rifocalizziamo la cura a domicilio, con elettrodomestici che accorciano la catena alimentare, spazzolini eletrrici connessi con app, prodotti per cura dei bambini».

Un business, quello di Philips, in prevalenza privato, stando a quanto detto sin qui, anche se spesso accreditato, tramite centri diagnostici, strutture ospedaliere private.

Un privato in cui direttore generale e direttore amministrativo della struttura sono figure importanti, con le quali instaurare un dialogo, figure la cui intelligenza di manager sa e può aprire le porte all’innovazione.

Un esempio di connected healthcare attuata nel privato che ci fornisce Celli è quello del Fatebenefratelli di Roma Isola Tiberina inerente un porogetto del 2017 per il rinnovamento del reparto terapia intensiva neonatale. «Dovevano rinnovare una struttura vecchia, anche a livello di mura. Coinvolti per il sistema di monitoraggio abbiamo presentato anche altre novità. Ci hanno ascoltato proprio perché privati, nel pubblico non sarebbe stato possibile. Abbiamo implementato monitoraggio, incubazione, illuminazione, screen to screeen, con piccole videocamere che possono far vedere il bambino da remoto. Un’innovazione costruita con la direzione dell’ospedale che risolve il problema dell’affollamento. Prima innovazione al mondo in questo campo: monitoriamo le connessioni, il numero e durata di telefonate, un servizio molto apprezzato. Questa è la tecnologia che Philips vuole applicare perché risolve problemi a cittadini e strutture».

Defibrillatore connesso in 5G

Cloud e 5G sono strumenti, non un fine

E riguardo la connected healthcare non si può non citare la recente operazione di Philips su Carestream che è ancora nella fase di proposta di acquisto: «Accelera il nostro posizionamento nella connected healthcare – dice Celli -. Cresciamo con un’azienda importante per soluzioni digitali cliniche. Via cloud, che ricordiamo, è uno strumento, non un fine. Carestream porta tanto valore sotto questo punto di vista. Quello che conta è che siamo in una fase di cambio di processi nelle strutture ospedaliere, in un percorso di digitalizzazione inesorabile».

A questo proposito, il 5G cosa comporterà per la sanità connessa?

«Ci aiuterà nella certezza, nella sicurezza dello scambio di dati in mobilità, sistemi di resuscitation. Un nuovo prodotto, Tempus, defibrillatore connesso in 5G che comincia a mandare dati alla struttura ospedaliera». Viene utilizzato in un progetto pilota a Milano con il supporto 5G di Vodafone.

Si tratta di prove per dimostrare la potenzialità nell’utilizzo del network 5G abbinato a nuove tecnologie in ambiente sanitario, nello specifico la realizzazione di scenari clinici di trasmissione dati dall’ambulanza verso la centrale 118 sfruttando il 5G.

Philips è stata introdotta da AREU a questo laboratorio, dove è stato messo a disposizione il  nuovo defibrillatore RDT (frutto dell’acquisizione avvenuta a giugno di quest’anno) per trasmettere dall’ambulanza 5G verso Cloud Corsium RDT, i dati inviati verranno letti in tempo reale dalla centrale test in ascolto, oltre che il Lumify.

«Anche così acceleriamo la digitalizzazione del sistema», chiosa Celli.

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