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Big data analytics per ridurre il numero di parti cesarei

SI sta proponendo un nuovo modello di gestione dei parti cesarei con l’uso delle nuove tecnologie per limitare un fenomeno che in tutte le regioni d’Italia rappresenta un problema per la salute delle pazienti, del neonato, e per il Sistema Sanitario Nazionale.

Se ne fa partecipe Innovery, azienda ICT specializzata nell’analisi ed elaborazione di Big Data, che ha avviato una collaborazione con il CIRPA (Centro Interdipartimentale per la Ricerca in diritto, economia e management della Pubblica Amministrazione) ed il DIPMED (Dipartimento di Medicina e Chirurgia) coordinati dalla Professoressa Paola Adinolfi dell’Università degli Studi di Salerno, ottenendo un finanziamento attraverso i Fondi Europei di Sviluppo Regionale (FESR) della Regione Campania, per l’elaborazione di un progetto finalizzato a migliorare l’efficienza e l’efficacia del percorso nascite e della relativa spesa sanitaria associata in strutture assistenziali pubbliche e private.

Chi è Innovery

Innovery, con sede in Italia, Spagna e Messico, è un system integrator internazionale focalizzato su task verticali a elevata complessità tecnologica. Ha una forte storica specializzazione nel comparto cybersecurity, cui si affiancano ulteriori comparti e specializzazioni evolute ICT.  Fondata nel 2000 dall’ingegner Gianvittorio Abate, l’azienda ha tra i propri clienti alcune delle più importanti industrie, istituti finanziari, operatori di telecomunicazione, uffici della Pubblica Amministrazione, nonché imprese dei settori Gaming ed Utility sia nazionali che internazionali. Nel 2018 ha fatturato oltre 27 milioni e oggi conta circa 260 dipendenti.

Il progetto denominato Training, Reorganizing, Evaluating, Enabling for Natural Birth (TREE4NB), di cui Innovery è capofila e che si concluderà a maggio 2020, si pone l’ambizioso obiettivo di ridurre il numero di parti cesarei clinicamente non necessari nella Regione con il più alto numero di cesarei del Paese, attraverso l’utilizzo di Big Data Analytics, intelligenza artificiale e mobile app: un modello che potrebbe essere utilizzato da tutte le strutture sanitarie interessate, portando a una diminuzione dei parti cesarei in tutto il territorio nazionale.

L’analisi verticale dei Big Data permette la creazione di modelli validi per tutti i settori socio-economici: proprio questo progetto rappresenta un unicum, anche a livello internazionale, per quanto riguarda i Big Data Analytics.

TREE4NB è una piattaforma digitale di acquisizione, archiviazione e processing di dati relativi a una pluralità eterogenea di variabili cliniche ed extra-cliniche su pazienti, operatori sanitari e struttura assistenziale.

Dall’insieme di queste informazioni, attraverso l’utilizzo di algoritmi predittivi, il sistema creato da Innovery e i suoi partner punta a elaborare modelli che avranno un duplice scopo: tutelare la salute delle partorienti e dei nascituri favorendo l’efficientamento del percorso di cure e supportare il processo di digitalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale.

Nel raggiungimento di questi obiettivi, saranno inoltre sviluppate soluzioni tecnologicamente avanzate di data privacy e data security a tutela della natura ultrasensibile delle informazioni processate in piattaforma grazie alle risorse e le competenze di Innovery nel comparto della cybersecurity.

Il parto cesareo è infatti una procedura con profili di rischio più alti rispetto al parto naturale e con costi più elevati per il SSN. Il parto cesareo comporta per la Struttura Sanitaria un incremento di costi di circa il 36% rispetto a quello naturale (remunerazione equipe, farmaci e materiali necessari all’ intervento chirurgico, incremento dei costi di degenza). I costi sono assorbiti dal SSN nelle strutture pubbliche mentre sono a carico della paziente in quelle private (circa 1.500 euro che possono arrivare a 6.000).

Un tema che ha dimensioni europee e che ha le sue radici in un trend globale: in Europa, ogni anno, si stimano circa 160.000 tagli cesarei non necessari con un surplus di costo associato pari a 156 milioni di euro (dato 2017), ma nei primi anni duemila si è assistito a un’impennata dei parti cesarei che sono passati da 16 milioni (12.1% di tutte le nascite) nel 2000 ai 29.7 milioni (21.1% del totale) nel 2015.

Non è un caso che proprio la Regione Campania abbia finanziato la ricerca: il progetto potrebbe dimostrarsi un ottimo supporto per ridurre il ricorso alla pratica del taglio cesareo, fenomeno che nella Regione raggiunge la percentuale del 59,5%, sebbene l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandi di non superare il 15% dei parti per ogni Regione.

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