Home Tecnologie Le nuove frontiere della simulazione in medicina

Le nuove frontiere della simulazione in medicina

L’avvento della tecnologia in medicina ha preso piede inizialmente nel campo della diagnostica, fino ad arrivare più di recente a soluzioni robotiche e alla simulazione.

«Quello che finora non si era verificato, almeno fino alla legge Lorenzin, l’ultima varata in campo sanitario, era il prevedere che le aziende ospedaliere che hanno maggiori tecnologie in via di acquisizione potessero contare su competenze di tipo ingegneristico in house, orientate sì allo sviluppo ma anche alla gestione», ha sostenuto l’ingegner Marco Chirico, direttore del SimAv – Centro di Ateneo di Simulazione e Formazione Avanzata dell’Università di Genova, che ha proseguito: «a livello organizzativo occorre pensare a una riorganizzazione interna delle strutture affinché siano in grado di gestire l’innovazione che viene via via introdotta, riuscendo a conciliare esigenze cliniche, mediche e chirurgiche».

Fino al più recente passato le aziende ospedaliere non erano solite avere figure dedicate inserite in organico per questo tipo di necessità; tuttavia, una presenza più massiccia e pervasiva di soluzioni tecnologiche e innovative ha finito per rendere il modello dell’appalto esterno ormai impraticabile.

Per quanto permanga ancor oggi una certa confusione tra ingegneria gestionale, clinica e bioingegneria, branche tra loro contigue ma diverse, va comunque riconosciuto all’ultima, citata, legge di riforma di aver posto il problema sotto i riflettori.

Se l’ingegnere clinico è preposto all’acquisizione di nuove tecnologie, installazione, gestione, manutenzione, il bioingegnere dovrebbe avere una funzione maggiormente orientata a ricerca e sviluppo e valutazione dell’impatto dal punto di vista dell’innovazione.

«Sono anni che queste figure ormai si interfacciano con le realtà ospedaliere, ma è giunto il momento che ogni struttura valuti la possibilità di avere in organico almeno un ingegnere dedicato», ha chiarito il direttore del SimAV.

Simulazione e realtà virtuale

La simulazione rappresenta un’ulteriore frontiera in ambito medico. Essa può essere inquadrata come uno strumento di formazione – dal momento che è possibile simulare procedure, più o meno complesse – didatticamente molto valido giacché si tratta di un “imparare dal fare”.

Un altro aspetto in cui sta prendendo piede la simulazione è proprio l’aspetto valutativo delle competenze di un professionista: da una parte quindi il rispetto delle procedure, dall’altra anche quello delle tempistiche, che, soprattutto in alcuni casi, devono essere particolarmente rapide.

Oggi anche l’introduzione della realtà virtuale nella diagnosi piuttosto che nel corso di un intervento – così da fornire un supporto all’operatore, potendo condividere le stesse immagini anche con chi è collegato in remoto – rappresenta un’importante evoluzione a beneficio del paziente.

Marco Chirico

«Se devo fare un intervento complesso in una località distante dagli hub principali, la realtà virtuale mi consente di mostrare in contemporanea il campo operatorio a un chirurgo esterno che, grazie all’utilizzo di uno schermo e degli occhiali, può farmi delle annotazioni. Siamo in due a vedere la stessa cosa e possiamo, in questo modo, concorrere alla buona riuscita dell’intervento», ha sottolineato Chirico.

«La simulazione può partire dalle cose più semplici, può formare chi non ha un background medico e lo sta acquisendo, arriva quindi agli specializzandi per consentire loro di imparare a utilizzare uno strumento piuttosto che a imparare l’uso di strumenti diversi e vedere le differenze, raggiungere un personale che non ha familiarità con una determinata patologia, fino a fare anche il training di chi è già esperto e può fare pratica su qualcosa di più specifico, di più particolare», ha commentato Serena Ricci, research fellow in Bioingegneria e Robotica del Laboratorio congiunto DIBRIS-SimAV dell’Università di Genova.

Anche in ambito chirurgico, la simulazione può essere utilizzata per consentire al chirurgo di effettuare un certo numero di procedure prima d’intervenire sul paziente. Questo, tuttavia, a Genova non viene ancora messo in atto, a causa di ritardi della legislazione in materia.

«Un altro aspetto con cui ci stiamo confrontando è la minore capacità didattica del paziente: da una parte, si è più attenti che in passato ai suoi diritti, dall’altra, lo stesso ha ormai tempi di ricovero molto rapidi, magari relativi a una esclusiva procedura, che non consentono più di fare formazione direttamente sul paziente. Dal punto di vista etico è giusto; di contro, però, i nostri specializzandi trascorrono un tempo sempre minore in corsia e con minori possibilità di fare», ha chiarito l’ingegner Chirico.

La simulazione consente di affrontare tante e diverse patologie con un unico “pezzo di plastica”: con uno stesso manichino è possibile mostrare tante diverse patologie, cosa che nella pratica non è fattibile.

Ogni specializzando può infatti fare una pratica specialistica presso un unico reparto. La simulazione appare inoltre molto adatta a gestire i diversi tempi di apprendimento: potendo ripetere le procedure in sicurezza più volte, è possibile raggiungere un risultato che guardi al rispetto delle procedure da una parte e all’esecuzione nei tempi giusti dall’altra.

Campi applicativi della simulazione

La simulazione è nata come macro simulazione, attraverso l’utilizzo di un manichino o un simulatore, che è in verità un manichino con capacità anatomica, che ricordi quanto più possibile un corpo umano. Questo tipo di simulazione ha preso piede prima di tutto in ambito anestesiologico e di rianimazione e, in parallelo, in chirurgia.

«A Genova si fanno un’ampia gamma di attività. Tutti gli anni gli studenti attraversano nel percorso di studi momenti diversi. Inizialmente, sono chiamati a gestire una serie di attività semplici: prelievo, anamnesi…, poi ai ragazzi del terzo anno facciamo fare un’anamnesi dal vivo con un paziente standard, quindi creando una situazione da copione tipo. Poi abbiamo anche altre attività in campo pediatrico e di ostetricia, fino ad arrivare al sesto anno dove gli studenti devono fare attività di tirocinio orientate anche al sistema relazionale, che include la comunicazione medico-paziente o il lavoro in équipe in una situazione di emergenza», ha chiarito il direttore del SimAV.

La registrazione in simulazione

Tutto quanto sopra descritto viene registrato e video registrato, proprio per vedere ex post come sono state svolte le procedure e correggere gli eventuali errori commessi.

In generale, le procedure vengono descritte in passi, che poi vengono gestiti in simulazione e quindi commentati a seguito della simulazione al fine di valutarne i diversi aspetti: la prestazione, i comportamenti, i movimenti e il modo in cui si sono create delle dinamiche all’interno di un gruppo.

Queste procedure vengono largamente utilizzate anche in campo infermieristico per il passaggio di consegne al cambio turno, un momento estremamente delicato. La simulazione consente davvero di vedere quello che succede e individuare le eventuali falle.

«Più recentemente, si sta utilizzando la simulazione per valutare l’organizzazione del lavoro anche in procedure ormai consolidate: attraverso una simulazione in sala operatoria, posso comprendere se un monitor non si trova nella posizione ottimale per poter essere visto da tutti nel corso dell’intervento e quindi posso modificare l’infrastruttura di sala operatoria, migliorandola», ha aggiunto Chirico.

Poter mettere a punto queste procedure attraverso una simulazione consente un’analisi attenta della situazione senza correre rischi di sorta e potendo lucidamente valutare i margini di miglioramento.

Serena Ricci

«Dal punto di vista tecnologico si sta cercando di arrivare a manichini intelligenti”capaci di riproporre le caratteristiche tipiche di un paziente, affinché in futuro sia possibile sostituire i soggetti in carne e ossa, rendendo la relazione efficace e completa grazie all’uso dell’intelligenza artificiale. La simulazione sarà quindi in grado di riprodurre situazioni reali con risposte di pazienti simulati», ha aggiunto Serena Ricci.

La simulazione in Italia

Il centro di simulazione di Genova rappresenta una realtà unica nel nostro Paese. Nato nel 2011 come branca della scuola di medicina – si trattava inizialmente di un laboratorio – nel 2016 si è trasformato in un servizio di Ateneo, dando vita a una situazione molto nuova con competenze plurispecialistiche: «non stiamo più lavorando, infatti, soltanto in ambito medico, ma con delle sinergie tra ingegneria, informatica, medicina, bioingegneria», ha sottolineato Chirico. «Quella del SimAV è una realtà un po’ particolare. Lo scorso anno abbiamo avuto 5 mila studenti, questo anche perché siamo gli unici in Italia ad aver integrato la simulazione nel percorso di studi. I nostri studenti vengono a fare un’attività che è parte integrante del curriculum. In questo momento siamo presi a riferimento; vengono qui a vedere come si fa, ma anche altre strutture portano poi avanti un lavoro con le proprie capacità e competenze. Noi ci auguriamo che il vento cresca», ha quindi aggiunto.

Alcune strutture stanno muovendo i primi passi in questa direzione, come è stato per esempio per l’Humanitas di Milano, ma non sono molte quelle realtà che si muovono con un ampio spettro di attività; esistono strutture in cui magari si è sviluppata una grande competenza in ambito neurologico, in cui si fa un ottimo lavoro, ma soltanto su quello specifico aspetto. Genova è stata un apripista a livello italiano, ma iniziano finalmente ad affiorare realtà interessanti che meritano di essere seguite.

«Quello che ora si avverte come necessità è che i livelli di governance, per le società scientifiche, capiscano che la simulazione, non rappresentando un’alternativa alla pratica clinica, è un treno che va preso, perché rientra pienamente tra le strategie per l’innovazione», ha sottolineato Chirico.

Se un ente di formazione di un ospedale deve iniziare a riflette su come far fare formazione al proprio personale, in modo innovativo ed efficace, dovrebbe pensare anche alla simulazione, senza dimenticare chi non ha una formazione medica che ha bisogno di conoscenze minime.

«C’è il terzo settore, con il quale noi lavoriamo molto, con specifico riferimento ai temi umanitari, come l’Accademia della Marina Mercantile, per ciò che concerne la formazione dei futuri ufficiali di coperta e di macchina, dove è presente una grande richiesta di attività nell’ambito dell’emergenza e del primo soccorso», ha aggiunto il direttore SimAv.

Un problema ostativo alla maggiore diffusione della simulazione è tuttavia quello dei costi elevati, già a partire dalla gestione del manichino tecnologico.

«C’è bisogno che il mercato evolva, così che, magari, quel che prima costava 100 un domani costerà 50. Sono banalità ma nel nostro ambito sono cose che alla lunga spaventano. Si consideri, inoltre, che la simulazione si fa con esercitazioni in piccoli gruppi: se io ho 40 studenti, devo organizzare, in contemporanea, almeno 4 percorsi, con 4 docenti che seguono l’attività di questi 4 gruppi. Non è quindi una cosa facile da portare avanti. Si tratta di capire dove sia il punto di equilibrio», ha concluso l’ingegner Chirico.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome

Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato sulle novità tecnologiche

css.php