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Il digitale si fa strada nella sanità, ma il percorso è ancora lungo

L’emergenza Covid-19 ha accresciuto la consapevolezza tra cittadini, professionisti sanitari e manager delle strutture sanitarie sul contributo del digitale nella sanità.
Tuttavia, è ancora lontana una piena evoluzione del sistema sanitario italiano verso il modello della “Connected Care”, ovvero un sistema salute connesso e personalizzato, grazie a un utilizzo maturo delle tecnologie digitali, alla valorizzazione dei dati e all’empowerment dei cittadini e dei professionisti.

Nel 2019 la spesa per la sanità digitale era cresciuta del 3%, raggiungendo un valore di 1,43 miliardi di euro e confermando il trend di crescita già osservato negli ultimi anni. Per il 2020, il 45% dei CIO delle aziende sanitarie stima un aumento delle spese correnti e il 47% una crescita degli investimenti per la sanità digitale. Il boom di interesse per la sanità digitale durante il lockdown ha portato a un aumento delle sperimentazioni: il 37% delle strutture sanitarie sta sperimentando il telemonitoraggio (27% nel 2019) e il 35% la televisita (15% nel 2019).

I medici sono sempre più aperti all’uso di strumenti digitali. E secondo il 57% dei medici specialisti e il 50% dei medici di medicina generale ci sarà un impatto rilevante sul sistema sanitario nei prossimi cinque anni delle terapie digitali, le soluzioni tecnologiche per ottimizzare la cura del paziente (sia di concerto che indipendenti da farmaci, dispositivi o altre terapie).
I medici già consigliano ai propri pazienti le app per la salute, tra cui quelle per migliorare l’attività fisica, quelle per ricordarsi di prendere un farmaco e quelle per monitorare i parametri clinici.

sanità digitale

Anche i cittadini hanno sempre più familiarità con le nuove tecnologie. Durante l’emergenza sanitaria il 71% di coloro che hanno avuto bisogno di informarsi sui corretti stili di vita lo ha fatto sul web e il 79% vuole farlo in futuro. Il 74% è interessato a farlo per cercare informazioni su problemi di salute e malattie e il 73% per farmaci e terapie. Le App per la salute più utilizzate sono per mettere alla prova le abilità mentali (28%), per aumentare l’attività fisica (23%) e per migliorare l’alimentazione (14%). Più limitato l’impiego di chatbot e assistenti vocali per l’autovalutazione dei sintomi (10%).

Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, presentata al convegno online “Rivoluzione Connected Care: se non ora, quando?”.

Diverse istituzioni, aziende sanitarie e altri enti hanno introdotto chatbot per rispondere in maniera automatica alle principali richieste da parte dei cittadini sul tema Covid. L’uso dei cittadini, però, è ancora limitato, intorno al 10% per l’autovalutazione dei sintomi, con punte del 20% nella fascia dei 35-44enni.

È stato, inoltre, possibile rilevare l’opinione dei medici rispetto all’impatto delle soluzioni di intelligenza artificiale sulla cura e assistenza dei pazienti. L’impatto è giudicato positivo e concreto per i coach virtuali che aiutano a migliorare gli stili di vitae per gli assistenti vocali che consentono di monitorarli , mentre è negativo per il riconoscimento dei sintomi, la cura di una patologia o la formulazione di una diagnosi.
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Le app per la salute più usate sono quelle per mettere alla prova le abilità mentali, aumentare l’attività fisica  e migliorare l’alimentazione. C’è meno interesse per le app per monitorare i parametri clinici, rilevare sintomi e suggerire una diagnosi o un trattamento , considerando anche che il campione intervistato è prevalentemente sano.

Un cittadino su quattro monitora i dati raccolti tramite app o dispositivo wearable, utilizzandoli per prendere decisioni sul proprio stile di vita. Solo il 5% li condivide con il medico, il 67% non lo ha fatto perché non ha avuto necessità e il 13% perché il medico non era interessato a riceverli. Eppure, i medici specialisti sono interessati a ricevere dati su parametri clinici, aderenza alla terapia e sintomi  del proprio paziente.

L’emergenza ha evidenziato l’importanza della possibilità di accedere da remoto ai servizi sanitari per garantire il distanziamento sociale e ridurre il rischio di contagio. Secondo il 69% dei CIO, nel 2020 è previsto un aumento di spesa per i servizi digitali, ambito che risulta molto rilevante anche per l’80% delle Direzioni strategiche. I servizi digitali più utilizzati dai cittadini prima dell’emergenza erano il ritiro dei documenti (29% di chi ha avuto accesso al servizio), le prenotazioni online di visite o esami (23%) e il pagamento delle prestazioni (15%). Più del 60% dei cittadini che ha utilizzato questi servizi sanitari intende accedervi in futuro attraverso i canali digitali associati. Un altro canale di accesso ai servizi sanitari è la farmacia: il 24% del campione ha pagato visite o esami e ha ritirato i propri referti in farmacia, il 21% ha prenotato una prestazione, meno utilizzati i servizi di telemedicina in farmacia. I servizi più interessanti in prospettiva futura sono il supporto all’attivazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (18%) e la consegna a domicilio dei farmaci (18%).
Il ruolo avuto nella gestione dell’emergenza ha attirato una nuova e crescente attenzione sulla Telemedicina. Il 78% delle Direzioni strategiche la considera un ambito molto rilevante e il 79% dei CIO stima un aumento del budget dedicato nel 2020. Anche le sperimentazioni hanno registrato un aumento e il tema è entrato nell’agenda dei Direttori delle aziende sanitarie, con il 35% che reputa la propria azienda “pioniera” (già pronta) e un altro 61% che si sta attrezzando per adottarle.

L’Osservatorio ha indagato il livello di maturità delle aziende sanitarie nella gestione e valorizzazione dei dati sui pazienti. Su quelli amministrativi le aziende dimostrano maggiore maturità: il 62% li analizza con strumenti di descriptive analytics, l’8% con logiche di advanced analytics, ma il 14% li raccoglie e non li analizza. Mentre i dati gestionali e organizzativi sono analizzati in modalità descrittiva dal 43% delle aziende, con strumenti avanzati dal 5%, d’altronde il 24% non li analizza anche se disponibili. I dati provenienti da App, wearable e sensori sono raccolti solo dal 22% delle aziende e analizzati da appena l’11%, quelli provenienti da web e social media sono raccolti dal 22% e analizzati dal 6%.

Il 40% dei medici specialisti e il 24% dei MMG ritiene che nei prossimi cinque anni l’Artificial Intelligence avrà un impatto rilevante sulla sanità, perché strumenti di Machine Learning aiuteranno a analizzare e valorizzare grandi moli di dati, fornendo anche un supporto decisionale. Tuttavia, solo il 35% dei Direttori reputa al momento l’intelligenza artificiale un ambito molto rilevante e solo l’8% di questi ritiene l’azienda “pioniera” su questo. Per la maggior parte dei CIO, in azienda c’è una conoscenza assente o limitata di queste tematiche (63%) e mancano le competenze necessarie per la gestione dell’AI (60%).

 

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