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La stampa 3D che salva la vita

Due bambini salvati con impianti stampati in 3D – L’Università del Michigan in prima linea per la cura delle malattie respiratorie con tecnologie innovative.

Il piccolo Garrett con la mamma Natalie, dopo il buon esito dell'impianto brochiale realizzato con tecnologie di stampa 3D.
Il piccolo Garrett con la mamma Natalie, dopo il buon esito dell’impianto bronchiale realizzato con tecnologie di stampa 3D.
Credit foto: Nicole Haley/University of Michigan Health System

 

Garrett Peterson, un bambino americano di 18 mesi, deve con tutta probabilità la vita alla stampa 3D. Il piccolo soffre della tetralogia di Fallot (una malformazione cardiaca detta anche “del bambino blu”) e di tracheobroncomalacia, una malattia che toglie rigidità a trachea e bronchi con il risultato che, soprattutto questi ultimi, a causa delle loro “flaccidità” richiano di schiacciarsi e impedire il corretto afflusso e deflusso dell’aria dai polmoni senza l’ausilio di una ventilazione meccanica.

Il video che riassume la storia di Garrett

Il bambino è stato curato presso la divisione di otorinolaringoiatria pediatrica del C.S. Mott Children’s Hospital, ospedale dell’Università del Michigan che aveva già curato nel maggio del 2013 Kaiba Gionfriddo, un neonato affetto dalla stessa patologia e che ora ha due anni e secondo i medici sta bene. In entrambi i casi i medici hanno adoperato le più innovative tecnologie di stampa 3D. In pratica, nel caso specifico di Garret, hanno elaborato un modello software della trachea e dei bronchi del bambino, stabilendo poi forma e dimensioni delle strutture sintetiche necessarie per consentirgli di tenere aperti bronchi resi flaccidi dalla malattia. Non si tratta dunque, come è stato riportato da qualche media, di un vero e proprio organo artificiale ma di un supporto assorbibile nel tempo necessario (qualche anno) per far riprendere ai bronchi e alla trachea del piccolo Garrett una funzione respiratoria normale. I dispositivi creati con le stampanti 3D per i due piccoli pazienti non sono stati ancora approvati dalla Food and Drug Administration (l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici) per l’uso nell’uomo, ma vista l’assoluta gravità dei casi sottoposti all’organismo americano, l’ingegnere biomedicale Scott Hollister del 3D Lab dell’Università del Michigan e il professore associato Glenn Green dell’Unviersità del Michigan, hanno ottenuto i permessi per l’impianto, che è stato realizzato con una EOS. Maggiori dettagli qui.

Ecco il video della stampante 3D che ha realizzato l’impianto

© Tecniche Nuove

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