Recenti studi hanno dimostrato l’efficacia della biorobotica per la riabilitazione e l’assistenza di persone con disabilità.
In particolare ai fini del recupero motorio di persone con disabilità a seguito di danni neurologici come ictus, lesioni midollari, sclerosi multipla e Parkinson, i dispositivi robotici sviluppati a partire dagli ultimi vent’anni sono in grado di erogare trattamenti sicuri, intensivi e ripetibili, sotto la stretta supervisione dei professionisti dello staff riabilitativo, e di quantificare gli esiti dei trattamenti riabilitativi mediante la registrazione di dati relativi ai movimenti effettuati e alle forze esercitate dal paziente.
La posizione dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Secondo Stefano Mazzoleni, Ricercatore dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e responsabile del Laboratorio di Bioingegneria della Riabilitazione, serve però uno sforzo congiunto per finalizzare trial clinici multicentrici randomizzati controllati (RCT) «con lo scopo di evidenziare gli effetti dei trattamenti basati su dispositivi robotici con il massimo rigore metodologico. A tal proposito sono iniziati appena stati avviati due studi RCT multicentrici a livello nazionale, uno focalizzato alla riabilitazione dell’arto superiore e l’altro alla riabilitazione del cammino, entrambi in pazienti post-ictus in fase subacuta e cronica, con il coinvolgimento di oltre 20 strutture ospedaliere e centri di ricerca clinica».
Lacombinazione di più trattamenti riabilitativi basati su tecnologie come la terapia assistita dal robot e stimolazione elettrica funzionale potrebbe permettere di incrementare i vantaggi rispetto alla somministrazione dei singoli trattamenti separati.
I fattori di cui tener conto per l’identificazione del trattamento ottimale per ciascun paziente sono molteplici, conme intensità, durata e modalità di somministrazione, e devono essere analizzati mediante un approccio metodologico solido al fine di eliminare bias e fattori di confondimento.
La comprensione con i robot
«Grazie a sperimentazioni cliniche – ha detto Mazzoleni – abbiamo dimostrato che l’utilizzo combinato di scale cliniche di valutazione e metodi quantitativi basati, ad esempio, sull’utilizzo di parametri cinematici registrati dai robot durante le sessioni di riabilitazione, è in grado di fornire un quadro complessivo sugli esiti dei trattamenti in corso. In particolare mediante questo approccio integrato gli operatori dello staff riabilitativo possono ricavare per ciascun paziente informazioni fondamentali per la comprensione dei meccanismi neurofisiologici alla base del recupero motorio e degli adattamenti del sistema nervoso centrale a seguito di danni neurologici. In tal modo i trattamenti riabilitativi possono essere adattati prontamente alle specifiche esigenze di ciascun paziente in modo da ottimizzare i tempi e le risorse a disposizione».
Spazi di teleriabilitazione
Per dare continuità di cura dopo le dimissioni della persona dall’ospedale e mantenere i benefici ottenuti durante la riabilitazione, i sensori indossabili e i dispositivi robotici portatili, possono svolgere un ruolo fondamentale nel favorire la somministrazione di trattamenti da effettuare presso il proprio domicilio o presso strutture sanitarie e assicurare un monitoraggio da remoto delle attività svolte. Negli anni in alcune Regioni sono stati avviati programmi sperimentali di riabilitazione a distanza, ma l’implementazione su vasta scala di questo tipo di trattamenti è un obiettivo importante da raggiungere per incrementare la qualità di vita delle persone con disabilità, tenendo conto anche dei fattori di natura legale, come privacy e riconoscimento della diagnosi a distanza, sostenibilità dei costi sanitari, equità nell’accesso alle cure.
Robotica e intelligenza artificiale sono fondamentali per assicurare un’assistenza adeguata alle persone con disabilità. Gli ausili tecnologici innovativi, come ad esempio la carrozzina robotica RISE sviluppata dal Centro di Riabilitazione Motoria INAIL di Volterra con l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa in un progetto di ricerca congiunto che si sta avviando alla conclusione della validazione clinica il prossimo giugno, possono contribuire al reinserimento socio-lavorativo grazie ad una molteplicità di caratteristiche tecnico-funzionali in grado di assistere la persone nelle attività di vita quotidiana, in particolare la mobilità, la verticalizzazione e l’accesso ai servizi igienici.
Biorobotica dati alla mano
Come rivela Mazzoleni, a partire dagli studi disponibili nella letteratura sull’utilizzo di sistemi robotici per la riabilitazione sono stati evidenziati miglioramenti significativi per quanto riguarda gli arti superiori (attività di vita quotidiana : SMD 0.37, intervallo di confidenza 95%: 0.11 – 0.64, P = 0.005, I² = 62%), funzione arto superiore: SMD 0.35, intervallo di confidenza 95%: 0.18 – 0.51, P < 0.0001, I² = 36%), e forza muscolare: SMD 0.36, intervallo di confidenza 95%: 0.01 – 0.70, P = 0.04, I² = 72%), sebbene la qualità dell’evidenza sia piuttosto bassa a causa di alcuni fattori e bias degli studi sperimentali che non consentono di trarre conclusioni generali: scarsa numerosità del campione analizzato, differenti durate dei trattamenti, alta variabilità delle caratteristiche cliniche dei soggetti reclutati, mancanza del gruppo di controllo, mancanza del calcolo del campione, mancato riferimento alle minime differenze clinicamente significative (Mehrholz et al., Cochrane Database Syst Rev. 2015).
Per quanto riguarda il recupero del cammino, l’utilizzo di sistemi robotici in combinazione con trattamenti riabilitativi tradizionali ha mostrato effetti benefici aggiuntivi sulle abilità locomotorie principalmente in pazienti con lesioni midollari in fase subacuta e nei pazienti post-ictus in fase subacuta (Schwartz, Biomed Eng. 2015).
Un durata maggiore e una maggiore intensità dei trattamenti basati su sistemi robotici sembra avere maggiori benefici sugli esiti finali dal punto di vista funzionale. In ogni caso sono necessari studi randomizzati controllati con un ampio campione di soggetti, come quello appena iniziato in Italia con oltre venti centri partecipanti, al fine di determinare la durata ottimale e il tipo di protocollo più appropriato per massimizzare l’efficacia e gli effetti a lungo