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Amazon tra pharma, e-health, supply chain e paziente al centro

È di questi giorni l’annuncio dell’acquisto da parte di Amazon di Pillpack, farmacia online che offre medicine pre-dosate e consegne a domicilio e che, come dichiara il suo cofondatore Tj Parker, “rende facile l’assunzione del farmaco giusto nel momento giusto“.

Il completamento della transazione è previsto nella seconda metà del 2018 ed è soggetto ai consueti via liberi regolatori, ma resta il fatto che l’operazione, che secondo indiscrezioni è costata al gruppo di Bezos un miliardo di dollari in contanti, ha permesso ad Amazon di mettere definitivamente il piede nel settore delle farmacie.

Stefano Pessina, CEO di Walgreens Boots Alliance, il più grande gruppo di farmacie del mondo, ha dichiarato al Wall Street Journal di “non essere particolarmente preoccupato” dall’acquisizione. In fondo “il mondo della farmacia è molto più complesso della semplice consegna di medicine“.

Precedentemente, Pessina in un’intervista aveva affermato che Jeff Bezos era un genio della tecnologia, ma non altrettanto della logistica: probabilmente Amazon non era ancora riuscita a scalzare il rapporto fiduciario che lega i grandi ospedali statunitensi ai principali distributori tradizionali, o forse il cosiddetto “category killer” si era reso conto di non riuscire a coprire tutto l’assortimento delle forniture ospedaliere e di non essere particolarmente attrezzato per gestire la catena del freddo.

Ad ogni buon conto, Pessina per primo aveva cercato di correre ai ripari, e, parimenti alle altre due più importanti catene farmaceutiche americane – CVS e Rite Aid – aveva messo in campo azioni di M&A e tentativi di creare sistemi integrati che combinino cliniche, farmacie e assicurazioni.

Perché negli Usa, dove il gruppo gestisce qualcosa come il 43% di tutti gli acquisti online, conosce come nessun altro il consumatore americano e potrebbe arrivare sino a fornire consigli ai medici su quali farmaci prescrivere a chi, in funzione non solamente delle esigenze di salute, ma anche di portafoglio; per non parlare delle informazioni che potrebbe fornire ad assicurazioni e a fondi.

Le mire di Amazon sull’healthcare

Amazon ha altrii progetti sul fronte healthcare. Non ci si riferisce solamente al lancio – avvenuto quasi in sordina – della linea OTC private label (una sessantina di prodotti commercializzati con il brand Basic Care e prodotti dalla genericista americana Perrigo), con la quale Amazon ha iniziato a combattere la sua “guerra del prezzo”, ma anche alla ferma intenzione di Jeff Bezos di entrare in modo “disruptive” nel mondo della salute.

Esempio ne è l’assistente virtuale Alexa, un chatbot dalle enormi potenzialità con il quale Amazon si affaccia prepotentemente all’e-health, ovvero all’uso combinato della comunicazione elettronica e dell’informazione tecnologica nel settore sanitario.

Intelligenza artificiale e healthcare, due mondi che si fondono, tra saperi che si contaminano e professionalità che cambiano, in una trasformazione della sanità che deve mettere comunque il paziente al centro

Cosa fa Alexa? Beh, per esempio aiuta il paziente diabetico a gestire la patologia (skill realizzato un anno fa in collaborazione con la farmaceutica Merck), ne aumenta la compliace alla terapia, ricordandogli di assumere i medicinali, di fare le analisi, di seguire una dieta adeguata, di condurre uno stile di vita sano, di eseguire controlli medici e così via. Alexa entra anche negli ospedali, per fornire ai pazienti informazioni sulle terapie, sulle dimissioni, sulle istruzioni da seguire a domicilio; nelle sale operatorie, per la gestione delle check list e ovunque la fantasia si può spingere.

Come parte attiva in un consulto medico? Perché no: la capacità di immagazzinare big data e la possibilità di integrare nuovi skill rendono Alexa, o analoghi software, strumento irrinunciabile in un futuro più prossimo di quanto immaginiamo.

Con buona pace della centralità del paziente? Non necessariamente, se tutti gli attori coinvolti faranno la loro parte, il sistema salute non potrà che trarne vantaggio e con esso il paziente per primo.

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