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Sanità digitale in Italia, a che punto siamo

A fronte di una spesa sanitaria destinata a crescere parallelamente all’invecchiamento della popolazione, la sostenibilità dei sistemi sanitari in Italia è un tema, e un interrogativo, di stretta attualità.
La sanità pubblica in Italia affronta una sfida decisiva per garantire un’efficace assistenza sanitaria anche in futuro, un passaggio epocale che porterà sempre più all’adozione di modelli predittivi, verso logiche incentrate sul valore per il paziente e non sull’erogazione di prestazioni.
In altre parole stiamo abbandonando quella “Medicina di attesa” basata sulla cura della malattia a favore di una “Medicina di iniziativa”, un “Percorso di vita” che coinvolge ambiti organizzativi e gestionali diversi, fortemente orientato alla prevenzione e al wellness.

Le tecnologie digitali avranno un ruolo chiave in questa evoluzione, consentendo di realizzare nuove strategie organizzative necessarie per garantire percorsi di continuità assistenziale in una “rete trasversale” di servizi, nuove e più efficienti modalità di interazione 2.0 che facilitino l’accesso e la gestione proattiva della salute e dei dati clinici da parte dei cittadini e dei team clinici, per favorire l’utilizzo di nuovi modelli di cura, per consentire un’elaborazione di dati utili a fini di Corporate Performance Management con predisposizione di KPI (Key Performance Indicator) clinici e manageriali.

Proprio di tecnologie digitali applicate alla sanità si è parlato nel corso del Digital Health Summit 2018, evento nato dalla partnership tra AISIS – Associazione Italiana Sistemi Informativi in Sanità, GGallery Group e NetConsulting cube. Durante l’evento sono stati presentati i risultati dell’ultimo eHealthLab, l’Osservatorio condotto da NetConsulting cube che ha fotografato l’evoluzione del sistema sanitario nel nostro Paese e il ruolo del digitale.

Annamaria Di Ruscio, amministratore delegato di NetConsulting cube

Il ruolo strategico del digitale

«L’evoluzione dei modelli sanitari e la loro capacità di gestire in modo efficace i percorsi terapeutici puntando sulla programmazione e sulla prevenzione, non può prescindere da un ruolo strategico del digitale e della tecnologia che diventa fattore abilitante per i nuovi processi di gestione dei pazienti», esordisce Annamaria Di Ruscio, amministratore delegato di NetConsulting cube. «Diventa quindi importante anche per l’Italia abilitare un processo virtuoso di adozione del digitale a livello di sistema in modo da sfruttare i benefici che da esso discendono».

Qual è la situazione attuale nel nostro Paese? «In Italia i percorsi verso Chronic Care Model, che adottano una visione value based, e le evoluzioni dei sistemi sanitari volti a raggiungere maggiore efficienza e a riorganizzare la sanità sul territorio, lasciando agli ospedali il ruolo di cura degli eventi acuti ad alta specializzazione, si stanno concretizzando in modelli regionali fortemente eterogenei», risponde Annamaria Di Ruscio. «Inoltre, numerose sono le regioni ancora indietro nel percorso di cambiamento. Aumenta quindi il divario tra chi con modelli sanitari propri sta procedendo nella ricerca di una maggiore sostenibilità del sistema e chi invece è ancora alla finestra».

Digitale in sanità a rilento

L’istantanea della sanità digitale in Italia non è incoraggiante ed è pari al 2,4% del mercato digitale complessivo italiano, corrispondente a 1,6 miliardi nel 2017 con tassi di crescita annui attorno al 2%, equivalente a 27,3 euro per abitante su 1.136 pro capite destinati al digitale. «Sono in particolare la qualità e le caratteristiche di questo valore a fare riflettere», commenta Annamaria Di Ruscio. «Si tratta di una spesa frammentata in numerosi centri di costo, presenti in 21 sistemi regionali e provinciali, dove la quota parte destinata alla gestione dell’esistente drena tra il 75% e l’80% del budget, dove spesso la spesa ICT non raggiunge l’1,5% del fatturato/entrate aziendali, dove i meccanismi di acquisto dell’innovazione rimangono nella pratica i medesimi dei prodotti tradizionali e, soprattutto, dove le componenti più innovative incluse nella voce di mercato smart health sono ancora solo il 13% del mercato digitale della sanità, risultando insufficienti per fungere da volano alla crescita».

Quest’evoluzione a macchia di leopardo dei sistemi regionali è stata confermata dalle conclusioni raggiunte dalla survey di eHealthLab condotta l’estate scorsa con l’obiettivo principale di comprendere i processi di trasformazione in atto e tratteggiare le caratteristiche dei fenomeni in corso. Ecco quindi le conclusioni raggiunte dalla survey. «L’evoluzione in corso dei sistemi regionali sta ora coinvolgendo in modo più intenso le strutture sanitarie del territorio, spesso anche con indirizzi strategici e operativi non troppo chiari tra i diversi attori interessati (AGID, Ente regione, azienda strumentale/in house)», spiega Annamaria Di Ruscio. «I principali processi attuati, in atto o previsti a livello regionale sono la riforma complessiva della sanità e l’attuazione del piano della cronicità per l’81% delle strutture interessate, e la razionalizzazione dei presidi ospedalieri sul territorio per il 73%. I principali obiettivi delle strutture sanitarie sono, per l’81% dei rispondenti, l’evoluzione come gestore dei PDTA per i pazienti cronici, la revisione dei processi sanitari per il 78% e di quelli amministrativi per il 76%».

Bassa progettualità

Nella survey per il 46% degli intervistati le competenze digitali rivestiranno un ruolo importante per supportare le evoluzioni in atto. «In generale, l’attenzione alle competenze si focalizza su quelle manageriali di reingegnerizzazione dei processi (76%), di gestione del change management (68%), di Digital Transformation e Innovation (68%)», precisa Annamaria Di Ruscio.

«Il livello di collaborazione e interazione tra i sistemi informativi e le altre aree aziendali è generalmente buono, da migliorare verso l’area socio sanitaria, ricerca e ingegneria clinica. In generale, comunque, è la qualità della relazione con tutte le aree aziendali che deve migliorare, se i sistemi informativi si vogliono proporre come punto di riferimento per la trasformazione digitale aziendale, come in effetti emerge dall’indagine. Rimane comunque forte il ruolo di motore del funzionamento dell’azienda sanitaria».

Per il 52% dei partecipanti all’indagine i sistemi informativi stanno evolvendo in modo intenso rispetto ai cambiamenti regionali e aziendali; il ruolo in organigramma è per la maggior parte del campione a diretto riporto del direttore generale, tuttavia non esiste nel 63% dei casi un comitato strategico per i sistemi informativi, sintomo del fatto che non vi sia ancora il giusto commitment in ambito di Digital Transformation.

«Se si guarda alle prospettive, il ruolo che i sistemi informativi potrebbero assumere in futuro è quello di competence center sulla governance dei sistemi, sui processi e sulle evoluzioni digitali dell’azienda», aggiunge Annamaria Di Ruscio.

«Su questo ultimo aspetto tuttavia, è ancora molta la strada da percorrere: la progettualità indicata dalle strutture intervistate sui temi digital emergenti e di frontiera è oggi bassa e raggiunge un livello soddisfacente solo sul tema big data e cyber security. Anche l’adozione delle piattaforme e dei canali digitali per l’interazione con i cittadini evidenzia dati estremamente bassi, con il 52% delle realtà che non utilizza app, il 54% non ha ancora adottato – e non intende farlo – piattaforme on line e il 60% non prevede progetti sui social».

I quattro assi della ricerca

Le conclusioni dell’analisi realizzata evidenziano alcuni punti di attenzione che richiedono una riflessione a tutti i livelli del sistema sanitario italiano e vertono su 4 assi. «Il primo asse è la Governance», precisa Annamaria Di Ruscio. «Occorre fornire un’indicazione (linee guida di sistema, per esempio), occorre analizzare i modelli regionali attuati o in attuazione, estrarre indicazioni complessive e success case e metterli a fattore comunque per le Regioni che ancora devono realizzare le riforme. Occorre anche ragionare su un framework dei dati comuni che sia anche coerente con le linee guida della Commissione Europea. La governance deve anche prevedere coerenza tra le linee programmatiche dei diversi livelli del sistema, al fine di non disperdere le risorse in progetti e azioni non necessarie. Per quanto riguarda, invece, il secondo asse, l’Organizzazione, occorre superare i silos esistenti a ogni livello per raggiungere la massima integrazione possibile all’interno delle aziende e lungo la filiera territoriale e per fare circolare i dati senza alcuna barriera, seppure nel rispetto delle normative vigenti».

La digital strategy, terzo punto chiave, deve essere coerente con i modelli sanitari a tutti i livelli e deve abilitare il passaggio verso la value based heathcare. «Per fare questo deve cambiare l’approccio all’innovazione, al digitale che deve essere visto come un’opportunità ma anche come l’unica scelta possibile per recuperare un gap ormai profondo», aggiunge Annamaria Di Ruscio. «Devono crescere quindi il commitment e le competenze del management, in modo da avere dei veri e-leader in grado di condurre i programmi di trasformazione digitale. In questo contesto, occorre davvero iniziare a liberare risorse per la Digital Transformation adottando modelli di centralizzazione delle infrastrutture (anche tramite il cloud computing) e investendo maggiormente nella reingegnerizzazione dei processi e nella innovazione di sistema, garantendo il giusto equilibrio con la necessità di presidio del territorio che in sanità è un fattore chiave di successo».

Ultimo asse riguarda le competenze. «La sanità del futuro non aspetta, e nuove figure professionali come case e care manager e data scientist già oggi sono richiesti ma carenti sul mercato», conclude Annamaria Di Ruscio. «Occorrerà prevedere anche un elevato bisogno di reskill di figure professionali nella logica della multidisciplinarietà».

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