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Sanità predittiva, la prossima sfida della data science

Anche se i risultati raggiunti sono già di tutto rispetto, tecnologie come data analytics e data science più in generale, hanno ancora molto da offrire. Anzi, probabilmente quello visto fino a oggi è niente rispetto a quanto si potrà ottenere anche solo tra pochi anni. In particolare, nel mondo della Sanità si prospetta una sorta di vera e propria rivoluzione.

Le prospettive di elaborare i dati promettono infatti di sviluppare modelli predittivi sull’evoluzione delle malattie o l’efficacia di una cura. Situazioni oggi all’apparenza futuristiche, in realtà molto più vicine di quanto si possa pensare.

La combinazione di data science e intelligenza artificiale applicata alla salute sta già mostrando segnali importanti di cambiamento. Anche grazie anche a una figura italiana, di alto profilo e al tempo stesso ancora in giovane età, da qualche tempo impegnata tra l’altro in un gruppo di lavoro al MIT per disegnare uno scenario decisamente interessante.

«I dati e la tecnologia possono avere un impatto positivo sulla salute delle persone – spiega Eugenio Zuccarelli, data science leader, attualmente manager, data science presso CVS Health, azienda leader nell’healthcare USA -. Abbiamo già una enorme quantità di dati su cui lavorare, intrappolata però in tanti sistemi e di conseguenza poco sfruttata».

Manca solo l’infrastruttura

Il primo aspetto del problema è di natura puramente organizzativa. I dati ci sono, per buona parte già in digitale e le tecnologie sono ormai mature. Manca in mezzo la capacità di prendere le informazioni, organizzarle, classificarle e quindi metterle al servizio della data science per dare a sanitari e pazienti risposte concrete e un aiuto importante.

Per farlo, servono naturalmente importanti risorse economiche. In parte, in arrivo grazie al PNRR e alle strategie UE in generale. Facile quindi guardare al futuro con un certo ottimismo. «Abbiamo i bisogni, i dati e ormai anche le competenze – conferma Zuccarelli -. Manca invece l’infrastruttura, la via per accedere ai dati e sfruttarli a beneficio delle cure».

Uno degli ostacoli maggiori al momento ha poco a che fare con la tecnologia. Molto più di altri settori, nella sanità rimane forte una certa riluttanza alla condivisione dei dati tra strutture e addetti ai lavori. Un timore in parte giustificato, considerato l’elevato livello di sensibilità e quindi di valore per i meno scrupolosi.

D’altra parte, la possibilità e l’utilità di creare valore sono molto maggiori. «L’utilizzo principale è spingere la transizione verso una medicina personalizzata. Possiamo introdurre discorsi come la predizione per le malattie o un nuovo concetto di vicinanza, diagnosi e cura».

Grazie ai modelli creati dalla data science, un algoritmo di intelligenza artificiale però per esempio riconoscere in anticipo la progressione verso condizioni come il diabete o l’ipertensione. Indicazioni ricavate anche in base alle caratteristiche del singolo e non più limitate a modelli generici. Ma anche sulle abitudini degli stessi pazienti. Per esempio, la propensione a prendere regolarmente medicine.

«Spesso si tende a prescrivere lo stesso farmaco a prescindere da età o altri aspetti generalizzati. In futuro, sarà invece possibile diagnosticare cure seguendo un criterio per certi versi simile alle raccomandazioni fornite da un servizio online, come Amazon Prime o Netflix, quindi accettate più volentieri».

Mia-Care sanità digitale

La pandemia, ottimo banco di prova

Uno scenario anche più vicino di quanto di possa pensare. Da questo punto di vista, la pandemia di Covid-19 si è rivelata un ottimo banco di prova. Negli USA, il MIT ha contribuito a predire dove e come potesse evolvere la situazione, chi rischiasse maggiormente di essere colpito. «È stato possibile allertare di conseguenza gli ospedali e preparali ad accogliere i pazienti. Nella maggior parte di casi, i risultati sono stati positivi, aumentando la qualità dell’assistenza».

Situazione utile a inquadrare un altro aspetto del problema, molto meno legato alla tecnologia ma altrettanto delicato. Cambia il modo in cui si utilizzano i dati e cambia di conseguenza almeno in parte anche il modo con cui vengono raccolti e messi a disposizione una volta elaborati. Per i principali interessati, i dottori, un mood diverso di lavorare. Si ha a disposizione uno strumento in più al quale affidarsi per diagnosi e cure. «Abbiamo trovato tante persone fiduciose, pronte ad affidarsi su questo supporto nelle decisioni. Altri invece ancora diffidenti, convinti di scelte prese a livello di esperienza o confronto solo con altri medici».

Dai test condotti finora, la realtà va però nella direzione dei dati. Strumenti in grado di prevedere la progressione di malattie sono ormai affidabili. Di conseguenza, migliorando e personalizzando le cure. Aspetto per nulla secondario, con un impatto positivo non solo sulla qualità della vita, ma anche sui costi della Sanità.trasformazione digitale

Nella raccolta serve qualità

Per arrivarci, uno dei nodi più importanti da risolvere è la qualità dei dati. Non basta la quantità, servono anche criteri per classificarli, allinearli e valutarli. Una fase dove il ruolo dei sanitari è fondamentale. «Un dottore può essere pagato per eseguire un esame su un paziente, non per inserire dei dati e farlo in un certo modo. Bisogna cambiare la cultura nella raccolta nei dati, convincendoli che saranno trattati con cura e si trasformeranno in un utile supporto».

Se da una parte, infatti, si può ormai contare su strumenti affidabili di riconoscimento delle immagini diagnostiche, di sintesi in pochi punti o pattern di lunghi testi, o trascrizioni di video in testi o viceversa, dall’altra timori e perplessità rischiano di rendere inutili risultati e sforzi della data science e dell’intelligenza artificiale.

«Non si tratta di sostituire o prendere decisioni al posto del personale, sarebbe terribile – conclude Eugenio Zuccarelli –. Sono strumenti in grado di migliorare la qualità della vita, e dei dottori stessi. Qualcosa da sfruttare abitualmente come oggi si usa uno stetoscopio o una radiografia».

 

 

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