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Terapie digitali: curarsi con un algoritmo

Quello delle terapie digitali è un mercato in forte crescita a livello globale, anche se con evidenti differenze da Paese a Paese. Sistemi di cura innovativi che rappresentano una grande opportunità per il futuro della medicina.

Possono essere applicazioni per smartphone, videogiochi, siti web o dispositivi indossabili, come gli smartwatch. Non sono, però, semplici device tecnologici, ma veri e propri interventi curativi, al pari dei trattamenti farmacologici.

Sono le terapie digitali, note anche come Digital Therapeutics – o con la contrazione inglese DTx – e non vanno confuse con le numerose e variegate app per il benessere e la salute. Si tratta, infatti, di tecnologie che offrono interventi terapeutici guidati da programmi software di qualità elevata che si basano su evidenze scientifiche e sono il risultato di sperimentazioni cliniche rigorose.

Le DTx vengono utilizzate per modificare il comportamento e lo stile di vita del paziente in relazione a precise patologie, in prevalenza a malattie croniche – mentali e metaboliche – e a problemi di dipendenza da sostanze. In questo senso, comportandosi come farmaci veri e propri, vengono considerati a tutti gli effetti interventi medici, caratteristica che distingue le terapie digitali da qualunque programma digitale dedicato al fitness e alla salute in generale. Con una importante differenza: mentre un farmaco interagisce con la biologia del paziente, le DTx interagiscono con i suoi pensieri e comportamenti. La loro funzione, quindi, è modificare abitudini sbagliate che vanno a peggiorare la salute di determinate categorie di persone.

Il principale beneficio è il forte coinvolgimento del paziente nel percorso di cura, grazie alla sua continua interazione con lo strumento digitale che fornisce linee guida e programmi mirati per affrontare al meglio la malattia. Le DTx, infatti, si rivolgono in particolare a patologie croniche associate a stili di vita e comportamenti disfunzionali nei quali il ruolo partecipativo del paziente può risultare particolarmente rilevante.

Queste cure hanno anche il vantaggio di essere facilmente accessibili tramite dispositivi di proprietà del paziente. In questo modo, si riescono a fornire terapie di alta qualità e con un alto livello di personalizzazione  anche a coloro che altrimenti avrebbero difficoltà a seguire le terapie: grazie all’uso di smartphone, tablet e altri device, le distanze fisiche vengono eliminate.

Qual è il principio attivo delle terapie digitali

Naturalmente, non una molecola chimica o biologica come accade con i farmaci tradizionali, bensì un algoritmo in grado di individuare l’elemento terapeutico responsabile dell’effetto clinico, quindi un software che aiuta nei processi di diagnosi, gestione e prevenzione di una malattia.

Non mancano, come in ogni rimedio terapeutico che si rispetti, i cosiddetti “eccipienti” che, anche in questo caso, servono a dare la giusta forma al principio attivo per favorirne l’assunzione. Nei DTx la forma è rappresentata da una fitta dinamica di interazioni con il paziente: questa cura digitale, infatti, viene offerta come se fosse una sorta di gioco che prevede una ricompensa e offre la possibilità di restare sempre in contatto con il proprio medico e con altri pazienti che seguono lo stesso tipo di terapia.

Le DTx possono essere utilizzate in modo indipendente, in abbinamento con altri medicinali o avere la funzione di “plug-in terapeutici del farmaco” per monitorare l’efficacia di un trattamento e gestire gli effetti collaterali.

Verifiche serrate che non lasciano nulla al caso

Le terapie digitali – a differenza delle app di fitness – sono sottoposte a regolamentazione da parte delle autorità competenti, prima della loro messa in commercio. La metodologia di valutazione è la stessa utilizzata per i farmaci tradizionali, vale a dire attraverso sperimentazioni cliniche controllate randomizzate per verificarne l’efficacia su esiti di salute misurabili. Questi software sono sottoposti a rigide procedure di controllo e tenuti a rispettare requisiti di validità e sicurezza, in relazione a quanto richiesto dagli enti regolatori.

Anche lo sviluppo delle Dtx comincia, quindi, in laboratorio con l’individuazione del più efficiente intervento terapeutico al quale dare successivamente la veste digitale più consona alle indicazioni di cura. Una volta messa a punto la prima versione del software, può prendere il via lo sviluppo clinico pilota su un campione ristretto di pazienti. Se i risultati di questo primo test sono positivi si passa, allora, alla seconda fase della sperimentazione clinica randomizzata che avrà lo scopo di evidenziare l’esistenza di un concreto beneficio clinico della cura, finalizzato all’approvazione regolatoria e alla conseguente possibilità di usufruire di prescrizione medica e ottenere un rimborso da parte dei sistemi sanitari pubblici o dalle assicurazioni private.

Oggi la lista delle terapie digitali in campo medico è piuttosto lunga e variegata. Infatti, le DTx vengono impiegate soprattutto per la cura della salute mentale (34,6 per cento), ma anche per malattie croniche (19,1per cento), per la cura delle dipendenze (12,5 per cento) e del sonno (8,8 per cento), oltre che per l’alimentazione e l’esercizio fisico (8,1 per cento) e malattie cardiovascolari (7,4 per cento).

Nel 2017 la Food and Drug Administration (Fda) ha dato il via libera alla commercializzazione di ReSET, un’app studiata per monitorare le persone con dipendenze da sostanze. Con questo strumento è possibile comunicare il proprio stato fisico e psicologico e ricevere istruzioni e assistenza sul comportamento da assumere. Il medico può visualizzare in modo continuo l’andamento del paziente.

Prima dell’approvazione definitiva di ReSET la Fda aveva condotto uno studio su oltre 500 soggetti con dipendenze da alcol e droghe per 12 settimane, divisi in due gruppi: il primo ha utilizzato l’app e il secondo ha proseguito solo con le cure tradizionali. Naturalmente, per tutto l’iter della sperimentazione la terapia digitale è sempre stata associata a quella ambulatoriale. La combinazione delle due cure ha dimostrato di dare risultati di gran lunga migliori, rispetto alla terapia standard. Infatti, nelle ultime tre settimane del test il 58 per cento dei pazienti che avevano utilizzato il software è riuscito a non assumere sostanze, mentre nell’altro gruppo, non digitalizzato, i comportamenti virtuosi sono rimasti al di sotto del 29 per cento.

Altre app sono state approvate dalla Fda nel corso degli anni. Una di queste è Blue Star Diabetes, supporto medico digitale in grado di ridurre i livelli di emoglobina glicata in pazienti diabetici e di favorire, con programmi mirati, una migliore alimentazione e un esercizio fisico più costante. C’è poi Omada Health, software specifico per coloro che vogliono perdere per diminuire il rischio cardiaco.

Eldeavor è invece il primo videogioco a scopo terapeutico ideato per i bambini che soffrono di deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Qualcuno potrebbe chiedersi se sia corretto curare i più piccoli con un videogioco. Certamente lo è, a patto che come per qualsiasi altro farmaco si rispettino le dosi prescritte. A questo proposito, il “foglietto illustrativo” di Enveador parla chiaro: non vanno superati i 25 minuti al giorno di permanenza sulla piattaforma per 5 giorni la settimana e per un totale di 4 settimane. Non manca, inoltre, la segnalazione di possibili effetti collaterali verificati in corso dell’indagine sperimentale come mal di testa, le vertigini, nausea, aggressività e senso di frustrazione.

Un mercato che cresce in Europa ma non in Italia

Ad oggi sono le singole nazioni che stilano processi, requisiti e standard regolatori delle DTx. Questa situazione genera estrema frammentazione nello sviluppo di questo settore.

Succede così che, mentre negli Stati Uniti il mercato delle terapie digitali è in forte espansione, soprattutto negli ultimi anni, in Europa lo scenario è piuttosto disomogeneo. In questo campo a fare da pioniera è stata la Germania che per prima ha prescritto software di cura mutuabili col servizio sanitario nazionale. Già nel 2009 aveva messo in commercio la prima cura digitale per il trattamento della depressione. Questa piattaforma – che si chiama Deprexis e offre un intervento cognitivo-comportamentale – oggi viene usata in ambito ospedaliero anche in Svizzera, dove è rimborsata dalle assicurazioni.

Nel novembre del 2019 il Bundestag ha approvato una legge, finalizzata a promuovere l’utilizzo di applicazioni di digital health per i pazienti, tramite un sistema di rimborsi specifici.

Le DTx tedesche per ricevere l’approvazione devono, naturalmente, stare all’interno di parametri ben precisi: i rimborsi sono riconosciuti per le soluzioni di digital health assimilabili a dispositivi medici di classe I o IIa (a basso rischio), la cui funzione si basi su tecnologie digitali. Affinché il rimborso avvenga, queste terapie devono essere utilizzate dal paziente per la diagnosi, il monitoraggio, il miglioramento del trattamento e la cura di malattie.

Altri requisiti indispensabili sono protezione e sicurezza dei dati, funzionalità, interoperabilità, facilità d’uso, qualità.

Quando tutti questi criteri risultano soddisfatti, il dispositivo viene iscritto in un registro di applicazioni che ne riassume le caratteristiche garantendo la necessaria trasparenza. A questo punto, l’app può essere prescritta da medici e psicoterapeuti e rimborsata dal sistema sanitario.

Le ultime due terapie digitali approvate in Germania si chiamano Kalmeda e Velibra: la prima è stata sviluppata per supportare le persone con acufene, la seconda come terapia per i disturbi d’ansia.

Nel Regno Unito lo scorso luglio il Nice (National Institute for Health and Care Excellence) ha inserito nelle proprie linee-guida l’impiego di una terapia digitale contro l’insonnia – Sleepio – già presente sul mercato inglese da diversi anni. La vera novità è che il Nice raccomanda questa DTx come trattamento da preferire a quello farmacologico, sulla base di alcuni studi di economia sanitaria pubblicati sul British Medical Journal.

Anche in Francia – paese che sta facendo un percorso simile a quello della Germania – le terapie digitali possono essere prescritte e sono rimborsabili come i farmaci tradizionali.

Molto diverso, invece, il quadro italiano dove sotto questo profilo tutto è fermo, in attesa di comprendere quali saranno gli organi predisposti a regolamentarne le attività. Tra gli ostacoli da superare, la definizione quindi dell’ente regolatorio responsabile e l’individuazione dei criteri di valutazione e accesso ai quali si aggiunge la difficoltà nell’identificare e valutare i benefici che giustifichino l’investimento per le Terapie Digitali.

Il Progetto Terapie Digitali per l’Italia è nato nel luglio 2019, grazie alla collaborazione interdisciplinare fra ricercatori, medici, imprenditori di startup, esperti di economia e legislazione, proprio con l’obiettivo di guidare la ricerca e sviluppo delle Terapie Digitali nel nostro Paese, favorirne l’ingresso nella pratica medica e assistenziale italiana e consentire all’Italia di assumere un ruolo di ricerca e sviluppo e non solo di utilizzo. L’iniziativa ha lo scopo di definire le modalità più appropriate per individuare criteri di valutazione dell’approvazione regolatoria anche ai fini del rimborso.

Secondo i risultati della ricerca dell’Osservatorio Life Science Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, presentata lo scorso luglio,  in Italia persistono alcuni ostacoli, anche di tipo regolatorio, che non consentono un pieno sviluppo delle terapie digitali: in particolare, la mancata rimborsabilità di queste terapie, segnalata come rilevante dal 60 per cento delle aziende coinvolte nella ricerca (svolta in collaborazione con Confindustria Dispositivi Medici e Farmindustria) e la scarsa chiarezza del percorso di validazione clinica necessario (61 per cento). Un freno – quest’ultimo – riconosciuto anche dal 41 per cento dei medici specialisti, categoria che dichiara inoltre – per un buon 67 per cento – di avere difficoltà a scorgere le differenze tra queste soluzioni e altre app generiche per la salute.

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