Home Tecnologie Aisis, l’IT è strategica per il sistema sanitario italiano

Aisis, l’IT è strategica per il sistema sanitario italiano

L’invecchiamento della popolazione genera un alto costo per il sistema sanitario e diventa quindi un passaggio obbligato cambiare l’offerta sanitaria e l’Aisis (Associazione italiana sistemi informativi in sanità) ne è perfettamente consapevole.

La spinta demografica e quella economica portano a cercare di contenere i prezzi modificando il modello di cura, ora basato fondamentalmente sull’acuto, spostandolo verso uno basato sul cronico. Le nuove tecnologie e i nuovi metodi impongono una revisione del modello strategico dell’healthcare nell’erogazione della cura da parte dei sistemi sanitari.

«L’IT si inserisce in questa erogazione perché mette l’accento sul valore strategico dell’informatica, che va ben oltre gli aspetti tecnologici e strumentali – ha affermato Alberto Ronchi, vice Presidente Aisis e Direttore dei Sistemi Informativi di Istituto Auxologico Italiano –. Purtroppo, però, in molte regioni italiane la posizione politica di assessorati e direzioni generali è di appiattire l’IT in mero valore tecnologico, strumentale e infrastrutturale e di non valorizzarne invece a sufficienza il ruolo strategico».

Intelligenza artificiale da coordinare a livello regionale

Alberto Ronchi, cice presidente Aisis e direttore sistemi informativi Istituto Auxologico Italiano

Per certi versi, un esempio arriva dall’intelligenza artificiale, una delle tecniche che sta assumendo sempre più importanza in campo medicale.

«Oggi nel nostro Paese non si stanno ancora facendo molte sperimentazioni in tema di intelligenza artificiale – ha sostenuto Ronchi –. Se ci limitiamo al machine learning, che comunque è la tecnologia più affidabile e impiegata, occorrono enormi quantità di dati per l’addestramento e molte volte questi dati non sono disponibili per la singola struttura di lavoro. Si tratta di un’attività che dovrebbe essere svolta a livello regionale o nazionale. Nonostante ciò, in Italia sono in atto alcune sperimentazioni di rilievo, come quella dell’Istituto Clinico Humanitas per il pronto Soccorso, che si basa sul sistema di intelligenza artificiale Watson di Ibm, o come quella del reparto radiologia della fondazione Salvatore Maugeri che, nonostante i numeri bassi, ha dato risultati promettenti».

IoT già presente

Un altro tema di grande attualità nell’healthcare è quello dell’Internet of things. «In ambito sanitario, l’IoT non è una novità – ha precisato Ronchi –. Praticamente è sempre esistita perché il paziente è sempre stato collegato a molteplici sensori connessi alla rete dell’ospedale. Però, al contrario di quanto sempre più spesso accade negli Stati Uniti, in Italia e in Europa non si collegano questi sensori a Internet. Da noi i device restano connessi alla rete ospedaliera. Alcune strutture sanitarie hanno adottato sistemi di monitoraggio del paziente ma per l’invio dei dati non c’è una connessione continua: si collega il paziente a Internet sporadicamente e si inviano i dati. A tutt’oggi strutture sanitarie in Italia che espongono all’esterno i medical device non esistono anche perché sono lontani dalle reali necessità».

E questo, in termini di sicurezza è certamente un fatto positivo. «La superficie di attacco di questi dispositivi collegati in rete è vastissima – ha sottolineato Ronchi – e sono estremamente vulnerabili, perché sia l’IoT sia i sistemi medicali hanno standard di sicurezza molto bassi. Non va però sottovalutato il fatto che questi device generano anche una grossa mole di dati, che poi però non viene gestita. Le informazioni durano solo per l’episodio di cura, non si esegue una conservazione per un’eventuale attività di ricerca. In futuro, però, considerato che si cercherà sempre più di accumulare dati incentrati sul paziente, si potranno anche raccogliere».

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