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Qwince annuncia i risultati della ricerca condotta da Doxa Pharma sul rapporto dei pazienti cronici con la tecnologia

Qwince, azienda italiana specializzata in soluzioni e servizi per la sanità digitale, annuncia i risultati della ricercaSfide e opportunità nell’aderenza terapeutica dei pazienti cronici: l’apporto della tecnologia” condotta in collaborazione con Doxa Pharma. L’indagine fotografa il rapporto dei malati cronici con l’uso di tecnologie che possono aiutare a migliorare e rendere più sicura la comunicazione con i medici e operatori sanitari, abilitare il controllo 24×7 a distanza dello stato di salute, stimolare l’aderenza alle terapie, prenotare visite, esami e farmaci, accedere ai propri dati e gestire tutta la documentazione sanitaria con facilità.

L’80% dei pazienti cronici intervistati valuta positivamente l’idea di una piattaforma digitale in grado di offrire questi servizi in modo integrato. Il 59% la considera estremamente innovativa e il 75% la ritiene adatta alle proprie necessità di gestione della patologia di cui soffre e utile per migliorare la qualità della vita. Oltre 6 soggetti su 10 si dichiarano propensi a utilizzarla.  L’interesse è elevato tra i pazienti particolarmente attenti alla prevenzione. Uno dei dati più importanti è il numero di pazienti che si affiderebbero alla piattaforma per migliorare l’aderenza alla terapia: 6 intervistati su 10 ritengono il servizio particolarmente utile a favorire l’assunzione corretta dei farmaci.

“La comunicazione tra paziente, professionisti coinvolti nel processo di cura e medico attraverso i canali digitali può offrire numerosi vantaggi, quali la riduzione dei tempi di attesa, risposte rapide e tempestive e un affiancamento, anche a distanza, da parte di personale qualificato per monitorare le condizioni di salute del paziente e favorire una migliore aderenza alle terapie – afferma Gianmarco Troia, Amministratore Delegato di Qwince – ovviamente nel pieno rispetto della riservatezza dei dati personali e delle informazioni sensibili”.

Protezione della privacy e accesso 24X7 alle informazioni clinico-sanitarie e allo storico dei dati del paziente sono infatti alcuni dei requisiti indispensabili che il servizio dovrebbe garantire per favorire la continuità e regolarità d’uso. Lo afferma l’87% dei malati cronici interpellati. Fondamentale è inoltre l’integrazione con il Fascicolo Sanitario Elettronico. È infine importante la multicanalità, ovvero la disponibilità del servizio attraverso diversi dispositivi come smartphone, computer e tablet.

L’indagine ha coinvolto oltre 300 pazienti cronici in età tra i 30 e 70 anni rappresentativi dell’universo di riferimento per le principali variabili socio-demografiche. Per comprendere se e quanto i servizi digitali oggi disponibili siano potenzialmente utili per gestire la cronicità, la ricerca ha fotografato il campione analizzando le abitudini di utilizzo della tecnologia, le patologie croniche dei soggetti intervistati, il ruolo dell’aderenza terapeutica, l’impatto della malattia sullo stato emotivo e sulla qualità della vita, l’attenzione alla prevenzione, la relazione con i farmaci e le visite di controllo e i canali più spesso usati per la comunicazione con operatori e strutture sanitarie. È stata inoltre sondata l’utilità di un servizio digitale ideale dedicato alla salute e fruibile attraverso sito web o app su smartphone.

Il profilo digitale dei pazienti cronici

I pazienti cronici intervistati mostrano una buona propensione all’utilizzo di strumenti tecnologici, anche nelle fasce d’età più mature. Un intervistato su quattro tra i 51 e 60 anni possiede dispositivi di monitoraggio della salute connessi ad una app (es. saturimetro, termometro, glucometro, pulsossimetro). In media il campione dispone di 4 device. I dispositivi più diffusi sono lo smartphone (92% dei rispondenti, più gradito alle donne) e il computer fisso o portatile (84%). L’88% si connette quotidianamente a Internet e il 60% rimane connesso almeno 4 ore al giorno.

Comorbidità: oltre la metà degli intervistati affetto da più patologie contemporaneamente

Il campione analizzato da Qwince e Doxa Pharma rileva una significativa quota di pazienti affetti da più patologie croniche (comorbidità o multimorbidità). La storia della patologia, considerando quelle più diffuse, vede il soggetto mediamente coinvolto da almeno 8 anni, con un picco di 16 anni nei casi di malattie respiratorio polmonari. Le cronicità più diffuse sono l’ipertensione e l’ipercolesterolemia, seguite da disturbi legati alla depressione e all’ansia. Mentre le prime due sembrano più frequenti tra i pazienti maturi (61-70 anni), colpisce il fatto che la depressione e l’ansia risultino particolarmente accentuate tra i giovani (33% tra i 30-40 enni).

Stati d’animo negativi, ansia e depressione più frequenti tra i giovani: serve un sostegno

Lo studio ha dedicato spazio anche allo stato d’animo del paziente, fattore rilevante nel processo di cura. Lo stato d’animo del paziente cronico in relazione alla patologia non appare del tutto negativo. Nonostante le preoccupazioni, lo scoraggiamento e il senso di limitazione, emerge tra gli intervistati anche la capacità di reagire e affrontare la cronicità con tranquillità e ottimismo, in particolare nel 40% dei pazienti tra i 61 e i 70 anni, che nel tempo hanno creato strategie conservative per riuscire a gestire al meglio le patologie sul piano emotivo.

Sono i giovani (63% dei 30-40 enni), a vivere più negativamente la malattia cronica (contro il 45% dei 61-70 enni). Questo stato d’animo si riflette sulla salute mentale: il 68% degli intervistati tra i 30 e i 40 anni (rispetto al 37% del campione) ammette di aver avuto o di avere la necessità di un sostegno psicologico per far fronte a problemi di depressione e ansia causati delle patologie croniche. Nella maggior parte dei casi (32% dei 30-40 enni) si richiede il supporto da parte di figure professionali che operano nell’ambito della relazione d’aiuto, come psicologi o psicoterapeuti, o dei familiari (27% dei 30-40 enni).

Al contrario di quanto si possa comunemente pensare, quindi, è importante creare un «circolo di cura» soprattutto per i pazienti più giovani, che possa dare rassicurazioni, aumentare la consapevolezza e trasmettere al paziente un senso di protezione.

L’attenzione verso i controlli medici e la prevenzione

Circa 8 pazienti cronici su 10 attribuiscono la massima importanza alla prevenzione, lo confermano anche i dati relativi alla frequenza dei controlli ai quali si sottopongono. Il 93% esegue con regolarità esami diagnostici e visite specialistiche, in media 3 lo scorso anno.  Oltre agli esami di routine, come ad esempio quelli del sangue o delle urine eseguiti sempre nell’ultimo anno rispettivamente dal 75% e dal 61% del campione, i controlli più diffusi riguardano la vista e il cuore e quelli meno frequenti l’apparato gastro intestinale.

Gli esami di prevenzione “di genere” vedono le donne più attente: il 35% si sottopone regolarmente a ecografie mammarie, mentre solo il 20% degli uomini dichiara di eseguire con regolarità gli esami alla prostata, percentuale che lo scorso anno segna il 9%.

L’impatto della cronicità sulla qualità della vita

1 su 2 pazienti cronici intervistati afferma che la malattia cronica ha un impatto negativo sulla qualità della vita.  Per monitorare e tenere sotto controllo la patologia, il malato ha la necessità di gestire alcuni aspetti della cura che incidono sulla quotidianità e sull’organizzazione della propria vita e di quella familiare, anche in termini di tempo e impatto economico, con diversi gradi di intensità e in relazione al numero di patologie concomitanti. Recarsi dal medico per sottoporsi alle visite e prenotare esami e controlli presso studi, centri e strutture sanitarie sono i due aspetti più impegnativi secondo la metà del campione circa, in particolare tra i giovani (più di 6 su 10) e soprattutto al Sud, dove l’accesso ai servizi sanitari è più complesso. Seguono la prenotazione e il ritiro dei farmaci, che per circa 4 pazienti su 10 incidono sia dal punto di vista del dispendio di tempo che dei costi da affrontare.

L’assunzione dei farmaci e l’aderenza alla terapia

L’aderenza del paziente alla terapia, ovvero l’adesione alle prescrizioni mediche e ai trattamenti previsti per la cura di una determinata patologia, è una condizione fondamentale per i malati cronici, soprattutto nel caso di trattamenti farmacologici multipli, più difficili da gestire. Quanto più è bassa l’aderenza, tanto più è alto il rischio di conseguenze sulla salute del paziente, come ad esempio l’aumento della comorbidità, l’acutizzazione della cronicità, l’ospedalizzazione frequente, il pericolo di disabilità e la perdita di autosufficienza.

Dalla ricerca emerge che 8 intervistati su 10 assumono farmaci per il trattamento della patologia di cui soffrono; la quota sale quasi a 10 su 10 nei pazienti con comorbidità. Dei pazienti sottoposti a terapie farmacologiche, il 55% assume due o più farmaci. Anche la frequenza di assunzione è elevata: l’87% almeno una volta e il 35% più volte al giorno. Per non dimenticare di assumere il farmaco, il 66% degli intervistati mette in atto varie “strategie”, come ad esempio posizionare la confezione in un luogo specifico della casa, impostare sveglie, utilizzare promemoria sullo smartphone o app specifiche.  Il restante 34% cerca semplicemente di ricordarsene affidandosi alla propria memoria. Il rischio che il farmaco possa essere dimenticato, soprattutto per questi ultimi, esiste e i dati della ricerca lo confermano: negli ultimi 6 mesi è successo al 71% degli intervistati.

A differenza di ciò che si potrebbe immaginare, sono i giovani ad aderire meno alla terapia (82%). Nonostante oltre due terzi di loro abbia una strategia per ricordarsi di assumere il farmaco e circa un terzo usi strumenti digitali come promemoria sul telefono o sul computer, i pazienti tra i 30-40 anni sono coloro che più facilmente se ne dimenticano, forse per lo stile di vita più impegnato e dinamico o per la storia con la patologia più breve.

Un’interazione costante e costruttiva con gli operatori sanitari può favorire l’aderenza alla terapia. La tecnologia può venire aiuto agevolando il monitoraggio regolare delle condizioni di salute anche a distanza e facilitando la comunicazione tra pazienti, professionisti della sanità e medici. Un segnale importante lo danno proprio i pazienti intervistati, che mostrano interesse verso l’utilizzo di una piattaforma e servizi dedicati in grado di aiutare a gestire la terapia nei tempi e nei modi corretti e promuovere il contatto con il medico o con altre figure coinvolte nel processo di cura. L’82% dei soggetti coinvolti nel sondaggio ritiene un servizio digitale di questo tipo utile per migliorare la qualità della propria vita. (punteggio 6-10)

La relazione con le visite di controllo

Il percorso di cura del malato cronico prevede un altro aspetto fondamentale, ovvero il regolare ricorso a visite ed esami di controllo. A seconda delle fasi e del grado di complessità della patologia, il paziente viene spesso seguito da un team composto da diverse figure – medico di medicina generale, specialista, farmacista, assistente sociale, ecc. – con le quali è necessario pianificare visite e consulti anche nel lungo periodo. 8 pazienti su 10 dichiarano di aver effettuato almeno una visita specialistica negli ultimi 6 mesi. Di questi, 5 si sono affidati al regime privato e solo 3 si sono rivolti al Sistema Sanitario Nazionale. I tempi di attesa del servizio sanitario pubblico inducono evidentemente ad un ricorso sempre più frequente alle strutture private, convenzionate e non.

Il malato cronico deve spesso gestire in autonomia le prenotazioni di visite, esami e controlli, anche con elevata frequenza. Solo il 13% dei pazienti intervistati dichiara tuttavia di ricevere un aiuto dal proprio centro medico di riferimento nel gestire la prenotazione inviando un promemoria per ricordare gli appuntamenti da fissare.  Per non dimenticare prenotazioni e appuntamenti, alcuni (66%) mettono in atto strategie ricorrendo all’utilizzo di strumenti digitali (32%), quali promemoria e calendari su dispositivi mobili e computer, o affidandosi ai calendari cartacei (23%). Tuttavia, il 35% dei pazienti dichiara di aver dimenticato di prenotare almeno una visita negli ultimi 6 mesi. La maggior parte degli intervistati (74%) esprime apertura verso l’utilizzo di servizi e piattaforme digitali che agevolino il processo di prenotazione.

Se adottata su larga scala per pianificare il piano di controlli del malato, anche in sede preventiva, il servizio digitale può aiutare anche gli operatori sanitari nella gestione dei malati cronici e permettere un maggior coinvolgimento del paziente, riducendo anche il numero dei casi in cui il paziente, dopo aver prenotato una visita o un esame diagnostico, non si presenta all’appuntamento. Dato il numero elevato di pazienti e la scarsità delle risorse sanitarie disponibili, ciò consentirebbe anche di gestire in modo più efficace le liste d’attesa e le risorse delle organizzazioni sanitarie.

La complessità della gestione dei referti, tra cartaceo e digitale

Un altro aspetto che richiede attenzione, tempo ed energie da parte del paziente cronico è la gestione di referti medici e documenti in formati e su supporti differenti, che secondo un terzo degli intervistati risulta particolarmente difficoltosa. Sebbene il digitale abbia iniziato a diffondersi (uso prevalente nel 25% del campione), predomina ancora l’uso del cartaceo (49%). Il paziente deve quindi archiviare una mole di referti con differenti modalità. Secondo il sondaggio, il 77% raccoglie i documenti cartacei in cartelline che colloca in luoghi specifici della casa per poterli ritrovare con facilità, mentre solo il 24% del campione archivia su computer o app. Gestire vari formati documentali, soprattutto in situazioni d’urgenza, può risultare non facile per il malato o il caregiver.

Questo il motivo per cui il 71% dei pazienti dichiara interesse verso l’utilizzo di una piattaforma digitale in grado di semplificare l’archiviazione dei documenti diagnostici.

L’interazione con medici, specialisti, strutture, e farmacie: l’importanza del contatto fisico

Le patologie croniche richiedono un’interazione frequente e continua, talora anche ripetitiva, tra il paziente e i soggetti coinvolti nel percorso di assistenza e cura. L’indagine evidenzia le molteplici modalità con le quali, negli ultimi sei mesi, gli intervistati hanno prenotato visite o farmaci, richiesto prescrizioni, ritirato referti o effettuato consulti e controlli. Al recarsi di persona presso lo studio medico o la struttura sanitaria si alterna l’utilizzo dei canali digitali, che tuttavia risulta limitato.

La prenotazione di farmaci e visite avviene ancora prevalentemente di persona e/o al telefono, lo dichiara oltre l’80% degli intervistati. Più del 30% di coloro che non sono mai ricorsi ai canali digitali afferma però di aver scartato l’idea di utilizzare il servizio online non per scelta ma perché non disponibile; il 26% non era a conoscenza dell’esistenza del servizio.

Per il ritiro di referti e la richiesta di prescrizioni e certificati medici, oltre il 50% del campione sceglie anche il canale digitale, principalmente siti web e posta elettronica. Tra coloro che invece preferiscono le modalità tradizionali di interazione, come recarsi personalmente al centro medico o telefonare alla struttura sanitaria, circa il 30% ritiene i canali digitali poco affidabili e teme per la privacy e la sicurezza dei propri dati.

I consulti online registrano la percentuale più bassa. Solo il 19% degli intervistati ha utilizzato anche servizi web o app per consultare un medico negli ultimi sei mesi, a dimostrazione dell’importanza attribuita al contatto fisico rispetto a quello virtuale.

La comunicazione digitale non sempre passa attraverso canali adeguati

La ricerca evidenzia un’attitudine alla multicanalità nella comunicazione con le figure che fanno parte del circolo di assistenza e cura. I canali digitali hanno un forte potenziale, ma emergono alcune criticità. WhatsApp e Telegram sono usati impropriamente per scambiare informazioni di natura sanitaria, sia perché le condizioni di utilizzo ne vietano espressamente l’impiego in questi contesti sia perché non vi è nessuna garanzia del rispetto dei principi del regolamento europeo GDPR. Questa modalità di comunicazione espone quindi il medico e la struttura sanitaria a rischi di natura medico-legale.

Oltre alla crescente richiesta di app di messaggistica e app specifiche (del centro medico, della farmacia, ecc.), tra le modalità d’interazione desiderate emerge l’interesse del 24% degli intervistati (in particolare nel 37% della fascia tra 51 e 60 anni) verso piattaforme dedicate alla comunicazione tra medici, farmacisti e pazienti, utilizzate attualmente solo dal 7% del campione.

Un servizio digitale dedicato consente lo scambio di documenti e informazioni sensibili sullo stato di salute e può prevedere funzioni di messaggistica sicura e asincrona per il dialogo tra operatore sanitario e paziente. I risultati dell’indagine mostrano i pazienti cronici come soggetti digitalizzati e aperti all’utilizzo di questo tipo di tecnologie.

I vantaggi della piattaforma “ideale” secondo i pazienti cronici

Ai partecipanti al sondaggio è stato infine chiesto di valutare alcuni possibili servizi di supporto offerti da una piattaforma “ideale” che, attraverso un sito internet o un’applicazione per smartphone, permetta loro di rimanere in contatto con il medico di riferimento e i professionisti coinvolti nel processo di cura, favorire l’assunzione corretta della terapia, prenotare visite e farmaci, effettuare teleconsulti e gestire referti.

L’idea di una piattaforma che offra in modo integrato questi servizi trova largo consenso.  Il 75% dei pazienti valuta questo tipo di servizio adatto alle proprie necessità e utile a migliorare la qualità di vita. In particolare, oltre il 70% lo utilizzerebbe per prenotare visite, amministrare referti e rimanere in contatto con i medici, il 65% per prenotare farmaci e il 54% per effettuare teleconsulti.

“È importante comunque sottolineare che la comunicazione tra paziente, professionisti coinvolti nel processo di cura e medico attraverso canali digitali non può sostituire completamente la relazione medico-paziente tradizionale, basata sulla presenza fisica del medico e sul contatto diretto con il paziente, – conclude Gianmarco Troia – piuttosto ne rappresenta un complemento che può assicurare una gestione notevolmente migliore della condizione del paziente cronico, sia in termini di efficienza sia di efficacia, alleggerendo il carico di lavoro degli operatori sanitari”.

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