Comunicare attraverso gli emoji è diventato naturale per milioni di persone ma è pur sempre un linguaggio parallelo a quello scritto, che lo arricchisce ma che non lo sostituisce se non in maniera molto parziale.
Ma la comunicazione visuale degli emoji non potrebbe essere d’aiuto a chi non può più ricorrere alle parole perché non le comprende più o non è in grado di articolarle?
È la domanda che si sono posti Samsung Electronics Italia e Leo Burnett Italia e che ha portato alla nascita di Wemogee, un’app di instant messaging pensata in modo specifico per le esigenze di chi è colpito da afasia.
L’afasia è la perdita della capacità di comporre o comprendere il linguaggio, una patologia che deriva da lesioni alle aree del cervello dedicate proprio al linguaggio e che si sviluppa in una buona percentuale (circa il 30%) di chi è colpito da ictus.
L’impossibilità di comunicare ha evidentemente enormi conseguenze negative sulla qualità della vita sia del paziente sia di chi gli sta intorno, l’idea alla base dell’app ideata da Samsung e Leo Burnett è compensare il deficit legato al linguaggio con una forma di comunicazione visiva, puntando sul fatto che la parte emotiva, mimica e “grafica” della comunicazione di solito non viene colpita in caso di afasia.
Wemogee, che sarà lanciata sia per Android sia per iOS entro aprile, si presenta quindi come una sorta di traduttore tra linguaggio testuale ed emoji.
Non è però un traduttore “generico” che può convertire in emoticon qualsiasi cosa si voglia scrivere. Samsung e Leo Burnett hanno collaborato con Francesca Polini, Dottoressa Logopedista e Docente presso l’Università degli Studi di Milano, per creare una library di circa 140 frasi predefinite tra quelle giudicate più utili per le comunicazioni dei pazienti afasici.
Ogni frase corrisponde a una sequenza di emoji – non più di quattro per mantenere fluida la comunicazione – scelta per rendere al meglio il contenuto semantico ma anche emotivo della frase stessa.
Le frasi sono categorizzate in sei ambiti (vita quotidiana, mangiare e bere, sentimenti, aiuto, attività ludico-ricreative, ricorrenze e celebrazioni) e Wemogee le mostra in modo che le persone afasiche possano sceglierle velocemente. L’interlocutore non afasico non riceve gli emoji ma direttamente la frase in forma testuale. A sua volta può scegliere le frasi (testuali) della library e rispondere alla persona afasica, che riceverà invece una sequenza di emoji.
Chiaramente Wemogee non è un’applicazione di messaging come tutte le altre. Richiede una fase di addestramento per il suo utilizzo consapevole, non solo per l’afasico ma anche anche per i suoi familiari, che devono diventare in grado di parlare un linguaggio differente.
E non è solo un mezzo di comunicazione in sé, è anche uno strumento che può aiutare molto nella rieducazione di chi è colpito da afasia.
L’idea di Wemogee è tutta italiana (Samsung e Leo Burnett hanno collaborato anche con Elio Clemente Agostoni, Direttore del Dipartimento Neuroscienze dell’Ospedale Niguarda di Milano, e con Giuseppe Sciarrone, Consulente Neurochirurgo dell’ospedale Humanitas Gavazzeni di Milano) ma è pronta ad estendersi anche in altre nazioni (sarà subito distribuita anche in inglese) e potenzialmente anche ad altre patologie che interessano il linguaggio, con gli opportuni adattamenti.