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Cybersecurity in sanità: una struttura su 4 ha subito attacchi

Un’analisi nata dalla collaborazione tra Sham, gruppo Relyens, e il Dipartimento di Management dell’Università di Torino raccoglie le risposte di 68 professionisti sanitari operanti in strutture distribuite su 14 regioni italiane sul tema del cyber risk.

I professionisti intervistati sono Risk Manager, Responsabili Qualità, Data Protection Officer (DPO), Responsabili della sicurezza informatica (CISO) e dell’Ingegneria Clinica, nonché Referenti della Direzione Sanitaria e Generale.

Il 70% delle strutture è appartenente alla sanità pubblica, il 30% al comparto privato, con dimensioni che variano da meno di 250 posti letto a più di 750, rappresentando in maniera omogenea la composizione del sistema sanitario nazionale.

È un’analisi circoscritta ma rappresentativa, che fotografa lo stato dell’arte della preparazione dei nostri operatori sanitari rispetto alla minaccia cyber e i cui risultati possono contribuire concretamente alla ricerca sulla sicurezza del comparto Salute” – ha detto Roberto Ravinale, direttore esecutivo di Sham.

Per Anna Guerrieri, Risk Manager di Sham in Italia e Enrico Sorano, Professore aggregato di Economia aziendale presso il Dipartimento di Management dell’Università di Torino la ricerca consente di individuare criticità e aree di miglioramento con l’obiettivo ultimo di potenziare le azioni di risk management sanitario anche in campo informatico.

La ricerca sul cyber risk

il 24% delle strutture ha dichiarato di aver subìto attacchi informatici, dei quali l’11% è costituito da ransomware e il 33% da accessi abusivi ai dati.

La minaccia hacker però non è sottostimata: il 59% delle strutture percepisce il tema cyber risk in sanità come una priorità che impatta su prestazioni erogate e modelli organizzativi interni.

Un ulteriore 31% ha valutato il tema come parzialmente prioritario.

Ciononostante sono ancora poco frequenti le misure adottate dalle strutture per prevenire e gestire il rischio cyber: mappature, analisi dei rischi e test di vulnerabilità figurano solo in un terzo del totale. “Complessivamente – spiegano Guerrieri e Sorano – l’ambito normativo, il livello di priorità all’interno della gestione aziendale e la dotazione hardware risultano all’altezza della sfida crescente. Ma il livello di guardia e di competenza tecnica tra il personale che quotidianamente utilizza i dispositivi non è sufficiente. Molto spesso si aprono porte agli hacker in modo del tutto inconsapevole. È essenziale alzare il livello di allerta introducendo percorsi di formazione continuativa e nuove competenze”.

L’occasione da cogliere è adesso – ha detto Arabella Fontana Direttore Medico del Presidio Ospedaliero di Borgomanero – ASL Novara -. Servizi e informazioni digitali verranno scambiati in volumi sempre maggiori. Dobbiamo applicare anche all’ambito cyber, un approccio proattivo: la sicurezza informatica deve essere prevista e considerata in ogni processo. Sensibilizzazione e consapevolezza sono il cuore del miglioramento: capire il valore della sicurezza dei dati e i danni enormi che la sua mancanza può causare”.

“C’è bisogno di un altro paradigma – ha detto Antonio Furlanetto, e Risk Manager esperto in responsabilità civile, Docente di Risk Management Anticipante presso l’Università di Trento e AD di Skopìa S.r.l. Anticipation Services – Non possiamo più fare affidamento su una gestione del rischio esclusivamente reattiva ma dobbiamo accettare che il tuo futuro ci riserva eventi che non possiamo prevedere, ma ai quali ci possiamo preparare. Non è un limite delle nostre conoscenze, è nella natura delle cose che ci siano dei rischi autenticamente incerti. Il rischio informatico rientra in questa categoria e non può essere limitato ai soli attacchi hacker. Abbiamo un rischio legato al malfunzionamento della tecnologia stessa, all’uso dei dati, all’attenzione o meno delle persone. Tutto questo fa del rischio cyber un rischio polivalente che richiede una preparazione contemporanea su tutti i piani nei quali si manifesta”.

Tutti i dati in nostro possesso confermano che la chiave della sicurezza e della sostenibilità sanitaria passano attraverso una cultura della prevenzione a 360° – ha concluso Roberto Ravinale -. Più sicuro è l’ecosistema, più sicuro diventa ogni singolo attore, più diventano sicure le cure. E, in questo nuovo contesto di rivoluzione tecnologica, la sicurezza assurge a conditio sine qua non per l’innovazione e la digitalizzazione: solo una sanità pienamente sicura potrà essere pienamente digitale e quindi in grado di assicurare cure più performanti. Sham è in prima linea nell’accompagnare i propri clienti-associati lungo questo percorso e continuerà nel contribuire alla diffusione delle buone pratiche e nel condividerle con l’ecosistema sanitario con l’obiettivo ultimo di una messa in sicurezza dell’intero comparto”.

Sham è stata fondata in Francia nel 1927 da alcuni direttori ospedalieri. È una mutua specializzata in assicurazioni e gestione dei rischi che conta quasi 11.000 soci tra istituzioni e professionisti. Presente in Francia (sede legale a Lione), Spagna, Italia e Germania, Sham occupa quasi 550 persone e nel 2019 ha generato ricavi per 422 milioni di euro.

Con oltre 1.000 dipendenti, 30.000 clienti e soci e quasi 900.000 persone coperte in 4 paesi (Francia, Spagna, Italia e Germania), Relyens è un gruppo mutualistico europeo di riferimento nell’assicurazione e nella gestione del rischio al servizio degli operatori sanitari e dei territori, e svolge una missione di interesse generale. Il gruppo, saldamente radicato nell’ambiente dei propri clienti attraverso i marchi Sham, Sofaxis e Neeria, sviluppa soluzioni globali su misura che coniugano soluzioni assicurative (assicurazioni personali e patrimoniali) e servizi di gestione del rischio. Nel 2019 Relyens ha raccolto 891 milioni di euro di premi per un fatturato di 484 milioni di euro.

 

 

 

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